ilNapolista

Sinner: «Non torno spesso a casa, sono io che non voglio»

Nel documentario Sky “Jannik oltre il tennis”: «La mia carriera è iniziata quando a 13 anni e mezzo sono andato via. Giocherò altri 15 anni, speriamo che il fisico tenga».

Sinner: «Non torno spesso a casa, sono io che non voglio»
Italy's Jannik Sinner speaks during a press conference at the Shanghai Masters tennis tournament in Shanghai on October 4, 2024. (Photo by Hector RETAMAL / AFP)

Nella documentario Sky “Jannik oltre il tennis, Sinner si racconta”, il tennista racconta dei sacrifici fatti per lo sport e delle sue scelte.

Sinner: «Non torno spesso a casa, ma è una cosa che voglio anch’io»

Ha dovuto infatti rinunciare a tornare a casa più spesso:

«Come persona non sono mai cambiato, il successo non mi ha mai cambiato e non ha cambiato come tratto le persone davanti a me, quelle che incontro. Quello che cambia è che ho un po’ meno tempo libero. Perché io sono una persona che dedica tutto il suo tempo al lavoro. Quindi dipende da me. Se io domani voglio andare a casa, posso anche andarci, ma non voglio perché la mia carriera è iniziata quando a 13 anni e mezzo sono andato via di casa. Ora ho 23 anni e sono arrivato al punto che ho sempre sognato, di diventare il numero uno».

Dopo tanto lavoro, Sinner non ha intenzione di accontentarsi:

«È proprio ora che uno deve continuare a lavorare e migliorare perché ci sono tutti i giocatori che ti vogliono inseguire. Giocherò altri 15 anni, speriamo che il fisico tenga. Si pensa che 15 anni siano lunghi, ma non è così perché per esempio sono arrivato qui nello stesso hotel e nella stessa camera e ho detto tra me e me ‘quest’anno è passato veramente veloce’. Stiamo cercando di fare tutte le scelte per continuare a giocare il più a lungo possibile ma non possiamo nemmeno buttare via il tempo perché è un bel bilanciamento di miglioramento, lavorare, voglia di vincere, avere intorno le persone che vuoi e ti possono aiutare».

Il posto in cui è cresciuto, la sua Sesto, rappresenta per lui un’isola felice:

«Sono veramente pochi i giorni a casa durante l’anno. Ci vado solo 3-4 volte per vedere soprattutto i genitori e i nonni. Non sai mai come va a finire. Quando vedo le montagne, le strade che conosco, le piste, mi sento a casa. Mi sento libero con tutte le persone mi conoscono non per quello che sono ora ma per come ero prima. Quando ero a Sesto sono passato a casa di un vicino. Quando eravamo piccoli con i miei amici andavamo lì a suonare e correvamo via, ma un giorno ci ha beccato. Questo signore che ormai ha 85 anni mi ha detto ‘mi ricordo ancora di quando venivate a suonare’. Sono proprio queste le cose belle che mi danno una forza per continuare. Ci vuole poco per me, due giorni e sono di nuovo al 100% e posso lavorare di nuovo».

ilnapolista © riproduzione riservata