ilNapolista

Valdano: «Il tiqui-taca era cultura, oggi i giocatori sono fatti con lo stampino»

Sul Paìs: “Il calcio superprofessionalizzato di questi tempi non ha più dubbi. Per l’industria che lo sostiene, vincere è lo spettacolo”

Valdano: «Il tiqui-taca era cultura, oggi i giocatori sono fatti con lo stampino»
Bildnummer: 06161343 Datum: 11.07.2010 Copyright: imago/Xinhua (100712) -- JOHANNESBURG, July 12, 2010 (Xinhua) -- Andres Iniesta (C) of Spain celebrates his goal during the World Cup final against the Netherlands at Soccer City stadium in Johannesburg, South Africa, July 11, 2010. Spain won the final 1-0. (Xinhua/Wang Yuguo) SOUTH AFRICA-JOHANNESBURG-WORLD CUP

“Se una Nazionale esprime lo stato di salute del suo calcio, la Spagna è un messaggio che suscita orgoglio perché nessuno gioca meglio”. Ed è con orgoglio che Jorge Valdano, sul Paìs, torna trionfalmente a incensare il “tiqui-taca”, quello originale, quello della Spagna di una decina di anni fa. Scrive, Valdano, che ormai quello stile di gioco “s’è fatto cultura”.

“Molti anni fa – scrive – era aperto il dibattito tra vincere o giocare bene. Le discussioni sono andate fino in fondo. È difficile ritornare da questi estremi filosofici. Ciò è accaduto in Argentina, dove il dibattito si è trasformato in guerra. Ma anche in Spagna la discussione suscitò polemiche. Il calcio superprofessionalizzato di questi tempi non ha più dubbi. Per l’industria che lo sostiene, vincere è la ragione per essere uno spettacolo competitivo. Tuttavia, non ci vuole molto filosofare per concordare sul fatto che la bellezza dovrebbe rimanere un’aspirazione. Mangiamo per nutrirci, ma ci piace farlo su piatti di porcellana e con una tovaglia di lino. Il calcio è un settore un po’ primitivo verso il quale l’estetica è sempre stata diffidente. Tuttavia, tutti quei giocatori che abbiamo installato sugli altari della memoria erano veri artisti che ci hanno commosso con quello che hanno fatto e come lo hanno fatto. Il calcio è quello che è grazie a quei geni. Artisti che non si trovano in nessun museo”.

“La verità è che quando tutto sembrava perduto, la Spagna vinse un Mondiale giocando un calcio artistico il cui unico nome era tiqui-taca. Un piccolo nome per tanto calcio. Come se si trattasse solo di rimuginare sulla commedia. E invece no, quando il tiqui-taca raggiunge il suo splendore, lo raggiunge anche il calcio. E raggiungere quel picco calcistico è difficile perché richiede giocatori di livello superiore, un allenatore capace di sfidare il trend e una sinfonica armonia collettiva. Quella Spagna del 2010 aveva tutto e, forte del suo appeal calcistico, è diventata un modello”.

“Ma non è facile seguire questa strada. Il calcio internazionale ci mostra tanti giocatori identici, usciti dallo stesso stampo, che accettiamo come sintomo di questi tempi perché ne incarnano un prototipo. Allo stato attuale, le attrezzature prodotte in serie sono rivoluzionarie”.

ilnapolista © riproduzione riservata