Per Sellerio l’ultimo romanzo dello scrittore napoletano sui cinquantenni di oggi che hanno caricato i giovani di troppe aspettative
“Viva il lupo”, l’incaglio generazionale nel linguaggio doloroso di Angelo Carotenuto
Tutti noi aspettiamo il nuovo Manzini che uscirà a breve ma intanto la casa editrice palermitana Sellerio non si ferma e ha da poco mandato in libreria “Viva il lupo (pagg. 256, euro 16)” l’ultimo romanzo del 58enne scrittore napoletano Angelo Carotenuto. C’è Puro il leader dei Dorita una band di cinquantenni che ad un certo punto della sua parabola artistica finisce come giudice in un talent – “Vil” – che ricorda “X Factor”. Ma in uno di quei passaggi che richiamano un giudizio degli Dei il nostro esclude insindacabilmente dal gioco musicale la sedicenne Tete.
Puro non ha più voce e neanche tanta voglia di vivere e comporre quando viene a saper che la Tete di Ullo è morta ad un passaggio a livello subito dopo il responso definitivo. Il senso di colpa di Gabriele è forte più di un uragano e smette di occuparsi di “Vil” mentre gli altri che girano attorno al programma ed al suo gruppo cercano di fargli ritornare la voce ma non sanno che è Tete il suo tormento.
Da qui parte una ricerca di Puro nella vita e negli affetti di chi aveva estromesso dal contest e finisce morbosamente per ricercare anche i familiari di Tete: la nonna Linda ed il fratellino genio Ardo, mago nella ricostruzione di armonie. Questo viaggio al termine della sua notte lo porta ad indagare i nostri figli che abbiamo voluto preservare dal dolore ma che abbiamo fatto propaggini involontarie dei nostri desideri irrealizzati.
In questo viaggio infernale in noi stessi il cinquantenne Puro capisce il grado di infelicità in cui tutti navighiamo ed anche che oramai il giudizio e la sentenza sono la stessa cosa. Carotenuto con una lingua dolorosa e precisa parla di questo incaglio generazionale che ci vede compagni di strada a volte muti di ragazzi in cerca del loro ritmo. Puro chiede perdono per i suoi giudizi che non hanno compreso la Santa Paura di chi aveva accanto. Non c’è più spazio per rimediare a responsabilità anche accidentali, ma solo farsi compagno di ascolto di questa gioventù in cerca di un senso e di un tragitto proprio potrebbe rappresentare l’uscita di sicurezza di una generazione – quella dei cinquantenni attuali – che ha caricato i giovani di troppe aspettative dopo che aveva fallito nella ricerca delle proprie.