Ha incarnato il post Platini nella Juve. Boniperti fu il primo innamorarsene. Divise l’Italia dopo i gol falliti all’Europeo poi il gol alla Germania pacificò tutto
Alessandro Del Piero compie 50 anni. Per chi è nato negli anni ‘80 è stato il nostro Michel Platini. Perché chi è nato in quel momento non ha potuto vivere la Juventus del Trap, quella per intenderci dei campioni del mondo e di Le Roi “Platini”. Sono più i racconti e i filmati in Vhs. Viviamo di rendita per qualche anno, poi entriamo in crisi perché i nostri compagni di scuola che tifano Milan o Napoli vincono gli scudetti, alzano la coppa dei campioni. E noi ci accontentiamo della coppa Uefa, o al massimo della Coppa Italia. Il digiuno da scudetto dura diversi anni e si fa sentire.
A un tratto appare Alex e cambia la fase. In un amen ci dimentichiamo di Divin Codino Roberto Baggio, e il ragazzo di Conegliano diviene il nostro unico riferimento calcistico. Cresciuto nel Padova Calcio, dove il suo talento è iniziato a fiorire, esplode con Madama prima con la Primavera – che con lui vince campionato e trofeo di Viareggio – e poi con la prima squadra. Il suo ingresso con gli adulti è naturale, senza tormenti. E non solo perché ha i numeri da numero dieci, forse 9 1/2 direbbe Platini, ma perché incarna da giovanissimo la sobrietà e lo stile della casa madre.
Boniperti fu il primo innamorarsene, l’Avvocato – che era abituato a Platini – se ne innamora forse definitivamente una sera di autunno del ‘95 quando Del Piero si inventa un goal pazzesco a Dortmund. Juve sotto di un goal, pareggio di Padovano, e poi Alex sposta l’equilibrio della gara a favore della Juve con una perla fantastica. L’avvocato non lo definisce “bello di notte” come Zibi Boniek ma lo ribattezza Pinturicchio servendosi di un pittore italiano. In realtà, per i cultori del genere, pochi mesi prima, il primo agosto ‘95, in amichevole contro il Dortmund. Del Piero realizza un goal altrettanto straordinario che in pochi ricordano. Il Borussia è nel suo segno. Nella famosa finale di Champions del ’97, persa clamorosamente nonostante i favori dei pronostici, Del Piero segna uno dei goal più belli della storia del calcio ma a nulla è valso.
Il Paese è diviso a metà: fra delpieriani e anti-delpieriani che gli preferiscono Totti e un quasi quarentenne Baggio. Alex resta sempre in silenzio, non polemizza, si infortuna nel ’98, poi recupera ma fatica a tornare quello di prima. Sbaglia due gol clamorosi nella finale degli europei contro la Francia e finisce sotto processo.
In quell’istante sembra tutto complicato per Alex e il suo entourage. Ma il ragazzo conosce la sofferenza, si rimbocca le maniche, e si prefigge un obiettivo: tornare a vincere segnando ancora tanti goal.
Il secondo ciclo di Lippi gli ridà lustro, lo fa riemergere dall’inferno, lo rimette al centro della scena juventina: in coppia con quel fenomeno di Trezeguet segna una caterva di goal. Entra nuovamente in crisi con Fabio Capello ma ne esce più rafforzato a suon di performance eccellenti – vedi punizione a San Siro contro l’Inter – e di silenzi. Del Piero è un giocatore totale dal repertorio completo: tiri a giro, di collo, di tacco, di sinistro, di testa, giocate di fino e di prima che oggi non si vedono più.
Il 2006 lo pacifica con il Paese grazie alla rete in semifinale dei mondiali contro la Germania. Non fa in tempo ad esultare per la vittoria dei mondiali e si ritrova in B con la Juventus dopo lo scandalo Calciopoli. È forse il momento di massimo juventinismo. Nessun tifoso di Madama potrà mai scordare la formazione nella serie cadetta dove si ritrovano anche Buffon, Trezeguet, Camoranesi e Nedved.
Manco a dirlo, è lui il capocannoniere in serie B con venti reti. “Ah come gioca del Piero” ripete ogni santa domenica Maurizio Mosca a Guida al campionato. Mosca sarà costretto a scolpire questa frase per altri anni ancora. Una notte del 2008 Del Piero realizza due reti al Real Madrid e tutto il Bernabeu, il tempio del calcio, si alza ad applaudirlo. Completa il suo ciclo riconsegnando lo scudetto alla Juventus nel 2012. Questa volta in panchina c’è Antonio Conte con cui ha condiviso diverse battaglie. L’addio, come tutti gli addii, è stato traumatico. Perché i tifosi juventini lo avrebbero voluto subito in società, con un ruolo alla Boniperti, che lo portò alla Juve. Solo così si chiuderebbe definitivamente il ciclo. C’è ancora tempo, forse. Dipenderà dai vertici di Madama. Buon compleanno, Capitano.