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D’Aversa e la paresi facciale: «Il mio occhio sinistro non si chiudeva, non riuscivo a mangiare, né bere»

Alla Gazzetta: «Mi stavo lavando i denti e la bocca non rispondeva ai comandi. Io non sono mai stato bello, così però…».

D’Aversa e la paresi facciale: «Il mio occhio sinistro non si chiudeva, non riuscivo a mangiare, né bere»
Cm Torino 16/02/2024 - campionato di calcio serie A / Torino-Lecce / foto Cristiano Mazzi/Image Sport nella foto: Roberto D'aversa

Il tecnico dell’Empoli Roberto D’Aversa ha parlato alla Gazzetta dello Sport del momento difficile che sta vivendo in merito alla paresi facciale che lo ha colpito.

D’Aversa: «L’occhio sinistro non mi si chiudeva, non riuscivo a mangiare, né bere»

Ha raccontato:

«Mi stavo lavando i denti. La sera prima avevo cenato a Firenze con lo staff. La bocca non rispondeva ai comandi. Nei due giorni precedenti non sentivo i sapori, ma il tampone del Covid era negativo. Ho chiamato il dottore dell’Empoli, siamo andati al Pronto soccorso e ho aspettato quattro ore gli esami pensando a cose molto brutte. Poi il responso: paresi facciale. Io non sono mai stato bello, così però… Sto facendo le cure, cortisone, integratori per i nervi.

I primi giorni sono stati davvero brutti, di notte dovevo bendarmi l’occhio sinistro perché non si chiudeva. Per un po’ è stato impossibile bere e mangiare. Adesso scherzo con mia figlia più piccola, quando provo a darle un bacio e la bocca va da un’altra parte. E ridendoci su capisco quanto siamo fortunati, quanto sia importante la prevenzione e quanto soffra chi dalla nascita convive con certi problemi e magari viene anche bullizzato».

Era stato licenziato dal Lecce per la testata a Henry, attaccante ex Verona

D’Aversa è intervistato dal Corriere della Sera.

Perché Empoli?
«Avevo due priorità: restare in A, una categoria che ho dimostrato di meritare, e soprattutto riscattare la mia immagine di 35 anni di calcio e di padre di famiglia con tre figli. Ringrazio la società, è stata coraggiosa».

A marzo il Lecce l’ha licenziata per una testata a Henry
«Quando sono rientrato a casa, Claudia, mia moglie, mi ha guardato. “Ma cosa hai fatto?”. Poi subito dopo. “Ormai è successo, rialzati e vai avanti”. Sono stato molto fortunato a incontrarla. Passo poco tempo in famiglia, l’artefice della buona educazione dei miei figli è lei.

Dopo la testata è stato etichettato come violento. Quanto è stato difficile?
«Siamo rimasti in città, non volevamo costringere i figli a cambiare scuola. I leccesi mi hanno aiutato. Anche molti direttori sportivi sono stati solidali, compresi quelli con cui non avevo rapporti. Poi certo, quando entri in casa e tua figlia di 9 anni ti sorride, tutto passa in secondo piano».

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