Al CorSera: «Invidio Tamberi che ha potuto giocare a basket: a me hanno subito legato le mani. Lo sport mi educa, la musica rap mi allarga la mente».
Mattia Furlani, bronzo alle Olimpiadi di Parigi nel salto in lungo, intervistato dal Corriere della Sera. Ha raccontato della sua famiglia e le sue abitudini fuori dalla pista d’atletica. E’ da poco uscita il suo libro “Il salto più lungo” scritto da Roberto Bratti.
Furlani: «Oggi mi sento ricchissimo, lo sport è come un salvadanaio»
«Lo sport è un grande salvadanaio dove cominci a mettere i tuoi risparmi da bambino accumulando un capitale che spenderai lungo una vita intera. Se chiudessi oggi la carriera per mancanza di motivazioni o di risultati, sarei comunque una persona ricchissima: dieci anni di sport mi hanno educato alla disciplina, alla fatica, al modo giusto di scoprire la vita. Provo a raccontare tutto questo nel mio libro, con parole e fumetti che da piccolo divoravo».
A chi si rivolge?
«Ai bambini invitandoli a praticare sport perché diventeranno persone migliori qualunque cosa facciano poi nella vita. Sogno che a fine carriera venga da me uno di loro per chiedermi un autografo sul libro dicendomi che l’ha ispirato. Per me, da piccolo, chi saltava in alto era Batman: volevo volare con lui».
All’inizio di ogni capitolo lei si risveglia in un ruolo diverso da quello del saltatore: velocista, baskettaro, calciatore…
«Ho cercato tante strade alternative pur sapendo che il mio talento era indirizzato verso i salti: ero irrequieto, volevo esplorare altri possibili futuri. Il basket è meraviglioso. Invidio Tamberi: il suo talento è sbocciato tardi e ha potuto giocare, a me hanno legato subito le mani per evitare infortuni. Il calcio è una religione che unisce atleti, tifosi e intere città».
Invidia i calciatori, la loro popolarità, i loro guadagni?
«Macché, li ammiro. Gestire la pressione ogni domenica davanti a tantimila spettatori è una responsabilità clamorosa».
Lei comincia saltando in alto (2,17 metri a 16 anni) grazie ai geni di papà Marcello, ex azzurro:
«Ma sono anche veloce come mamma Kathy (Seck, ex sprinter, ndr). Dovevo scegliere tra una specialità dove ti giochi tutto in 10 secondi e altre due in cui cerchi il gesto tecnico perfetto in ogni rincorsa».
Cosa pensa tra un salto e un altro?
Furlani: «Ripeto mentalmente un gesto fatto migliaia di volte in allenamento».
A bordo pedana ci pensa mamma Kathy. Il resto della famiglia?
«Tutti in pista. A papà il lavoro sporco: organizzazione, trasferte, supervisione. Mia sorella Erica è la guida spirituale, Luca, fratello videomaker e addetto ai social, ha ideato il libro».
Ha vinto il bronzo a Parigi: «Il rap mi allarga la mente. Sogno il salto di 9 metri, ma non so se sia possibile»
La sua colonna sonora?
Furlani: «Il rap mi allarga la mente. Sono cresciuto con Sfera Ebbasta e ho collaborato alla promozione dell’ultimo album di Astro».
La vacanza?
«Due settimane a Tenerife, adesso. Scherzo: sono qui per allenarmi al caldo per la nuova stagione. Per le vacanze c’è tempo».
L’amore?
«Da quando ho la patente, è ciò che mi ha spinto a fare il pendolare da Rieti a Roma verso casa di Giulia».
Lei come Tamberi: due showmen in pista…
«Gimbo è folle, è un artista irraggiungibile. Io se non riesco a portare fisicamente il pubblico con me in pedana non posso volare lontano. E per portarlo bisogna esaltarlo, anche giocando un po’».
Ha in testa la misura del salto della sua vita?
«Tutti sogniamo i nove metri, pianeta dove nessun umano è mai atterrato. Non so se sia una misura possibile. A volte quando prendi la rincorsa la linea del record ti sembra sulla luna altre volte pensi: è lì, ora vado e me la prendo».