Uno a zero alla Roma. È poco raccontata la solitudine culturale di Conte in una città i cui abitanti sono i più infelici d’Italia (come da dati Istat)
Il Napoli è sempre primo ed è giusto che a segnare sia stato il bistrattato Lukaku
Ci ha pensato Lukaku. È giusto così. Il calciatore più bistrattato. Per lui spesso siamo stati costretti ad ascoltare parole da brocco. E poi ci ha pensato Romelu. Gol da centravanti. Nell’area piccola. Napoli-Roma 1-0. Napoli ancora primo in classifica. È lassù da un paio di mesi. Anche se non sembra a sentire il rumore di fondo in città. Rumore di fondo non amplificato dai media ma ben presente. Conte vive una solitudine culturale poco raccontata. Perché sì c’è l’entusiasmo per il primo posto in classifica. La verità è che solo il primo posto tiene l’allenatore al riparo da critiche e malumori che per ora vengono sfogati al bar o sui social. Gli vogliono impartire lezioni di calcio, di comunicazione, persino di regolamento calcistico. Così va la vita a queste latitudini. Non è un caso che i suoi abitanti siano i più infelici d’Italia come da indagine Istat (lo ha detto gli stessi napoletani). È incredibile quanto Napoli somigli all’America profonda raccontata da J. D. Vance nel suo bellissimo “Elegia americana”. Il Vesuvio come i Monti Appalachi.
Il Napoli vince 1-0 e rinvia per l’ennesima volta il funerale che in tanti stavano preparando. Non è solo corto muso. È una filosofia di vita e di calcio. Il Napoli è conservatore. Il suo è un calcio solido. Forse macchinoso. Tremendamente generoso. E dispendioso. Manca il guizzo. Ma c’è tanta robustezza. Non è bello da vedere secondo i canoni del calcio contemporaneo.
È incredibile quanto oggi nessuno voglia ricordare cos’era il Napoli a giugno. Una barca in mezzo al mare, con un bel po’ di marinai che volevano abbandonare la nave. Il lavoro di Conte è stato ed è notevole. Molto dispendioso. Ha dovuto rianimare un paziente grave. Il suo è un calcio probabilmente old style. Del resto il nutrizionista del Napoli in settimana ha detto che il suo riferimento dal punto di vista alimentare è l’uomo paleolitico.
Il Napoli di Conte ha vinto con merito. Ha messo sotto la Roma. Almeno fino al gol. Rete di Lukaku su cross di Di Lorenzo. Un’azione in cui la difesa di Ranieri si è fatta prendere in mezzo. Hummels ha avuto quella titubanza che un centrale difensivo non deve mai avere. I giallorossi possono recriminare per una traversa di Dovbyk, per il resto altri tiri non ce ne sono stati.
Lukaku merita qualche parola in più. È il sacrificato di questo modo di giocare. Deve fare a sportellate tutto il tempo. Sta zitto, non dice niente. È un professionista come se ne sono visti da queste parti. Subisce falli che gli arbitri troppo spesso ignorano. È una forma di fallo, l’abbraccio preventivo, su cui non si è acceso alcun riflettore della critica.
Il Napoli dà sempre l’idea di essere una macchina complessa. È potente ma manca il guizzo. Anche se si gioca a una porta sola. Però è vero che di grandi occasioni la squadra di Conte ne ha creata una sola, dopo settanta secondi, e Kvaratskhelia se l’è divorata di testa. Ha avuto il pallino di gioco, ma di fronte la Roma è stata molto ben messa in campo. Ranieri, che è persona intelligente, si è guardato in giro e ha capito dopo trenta secondi di Trigoria che il reparto più forte era il centrocampo e allora ha giustamente riempito la squadra di centrocampista. Ha fatto densità, direbbero quelli che sfoderano il calciese contemporaneo. Ha messo uno vicino all’altro Cristante Pellegrini, Koné (il più forte) e Pisilli. Senza dimenticare le coperture di El Shaarawy e la contraerea difensiva Dovbyk. Ha fatto benissimo, non siamo tra quelli che si lamentano per l’autobus. Difendersi non solo è un’arte ma è una componente fondamentale di ogni sport.
Da segnalare la sostituzione di Kvaratskhelia con Neres al 66esimo. Il georgiano si è lamentato soprattutto con sé stesso. Bisogna dare il massimo in questo Napoli. Nessuno ha il posto garantito.