A Sportweek: «Mi sono appassionato e ho avviato Balira. Ancelotti splende sempre, Napoli non era il posto giusto per lui, come Sarri non era adatto alla Juve»
Sami Khedira dieci anni fa vinceva il Mondiale in Brasile con la Germania. In mezzo, 18 trofei in un carriera che si è conclusa nel 2021. «Mi sono dovuto fermare a causa del ginocchio», dice il tedesco a Sportweek. «Non riuscivo a giocare a livello che avrei voluto. Rispetto questo sport, quindi ho smesso».
Khedira: «Napoli non era il posto giusto per Ancelotti»
Alcuni estratti dell’intervista di Khedira a Sportweek. Oggi l’ex centrocampista gestisce una società che produce caffè.
«Ho incominciato il corso da allenatore e il programma biennale di sport management della Uefa, poi ho dato il via a Balira (l’azienda di caffè, ndr). E ho iniziato a viaggiare per espandere le mie conoscenze: incontrando allenatori e presidente, vedendo partite… Non ho vissuto nessun “buco nero” depressivo. Ho anche consultato un live coach che mi ha aiutato a programmare la mia seconda vita e a gestire le emozioni. Però capisco i calciatori che soffrono».
Com’è nata l’idea del caffè?
«Preferivo il cappuccino o il latte macchiato, l’espresso era troppo forte per me. Alla Juventus ho visto Bonucci, Chiellini e Buffon berlo sempre dopo pranzo. Lo trovavo un rito elegante: ho comprato la macchina del caffè a casa e mi sono appassionato».
Ha giocato nel Real allenato da Ancelotti. Lui a Madrid splende sempre:
«Lo fa ovunque. Non è successo a Napoli che probabilmente non era il posto giusto per lui: come Sarri, davvero capace ma non adatto alla Juventus e ai suoi calciatori, per personalità o attitudine. Ancelotti è speciale, lo si vedeva già al Milan di Pirlo, Kakà e Gattuso. Sa come parlare alle persone, sa ciò che vuole ma non ti controlla dicendo ciò che devi fare, nemmeno nella vita privata. Come Ferguson, ti rende molto più forte a livello mentale, un campione. Guarda Vinicius: salta l’uomo e segna, ma è Ancelotti che gli ha dato la mentalità vincente, da Pallone d’Oro».
Khedira ha voglia di tornare nel calcio?
«Assolutamente, sono aperto a nuove avventure. Non cerco una società dove essere una figurina o una mascotte, voglio portare conoscenze ed esperienza. È questione di ruolo, di persone e di club. E del momento giusto».