Al Corsera: «Klopp ha guarito il mio eccesso di autocritica, si vede subito chi è intelligente in campo e fuori. Evito glutine, zuccheri e lattosio. Al Bano…»
Mkhitaryan: «uso poco il telefono, non voglio che i miei figli mi vedano sempre con uno smartphone in mano»
Bella di intervista del Corriere della Sera a Henrikh Mkhitaryan, a firma Paolo Tomaselli.
Il suo cognome significa qualcosa?
«In italiano si può tradurre con consolazione, conforto».
Che segreti ha per mantenersi giovane?
«Non li dirò tutti! (ride). Provo a dormire e a mangiare meglio possibile: evito glutine, zuccheri e lattosio, su consiglio del nostro nutrizionista Pincella. E poi c’è l’aspetto principale: allenarsi bene».
È vero che a Manchester spegneva il telefono tre giorni prima di giocare?
Mkhitaryan: «No, succedeva in Ucraina. Ma in realtà lo spegnevo dopo le partite, proprio perché ero molto autocritico».
Lo fa anche adesso?
«No, ma uso il telefono il meno possibile. Ho due bambini piccoli e non voglio che mi vedano passare il tempo con lo smartphone in mano».
È stato Klopp a Dortmund a lavorare sul suo eccesso di autocritica?
«Sì, è un grande allenatore ma soprattutto un grande psicologo: mi ha detto di non prendere tutte le responsabilità su di me e di dimenticare in fretta gli errori e le sconfitte, pensando sempre alla prossima partita».
Mkhitaryan, le due lauree e Al Bano
Ha studiato?
Mkhitaryan: «Sì, ho due lauree: una in Sports management e l’altra in Economia».
Come definirebbe l’intelligenza calcistica?
«Ci sono giocatori che vedono le cose prima degli altri».
Si può essere intelligenti in campo senza esserlo fuori?
«Non credo. Si vede subito chi è intelligente in campo e fuori dal campo. Ho avuto anche compagni che facevano finta di essere intelligenti in campo, ma fuori non lo erano».
In cosa la aiuta essere uno scacchista?
«A pensare, a leggere il gioco, la situazione, il pensiero del tuo compagno. Gli scacchi mi aiutano tanto».
È vero che parla sette lingue?
«Cinque: armeno, russo, francese, inglese, italiano. Il tedesco lo parlavo, ma l’ho dimenticato».
In che lingua pensa?
«Se parlo italiano penso in italiano».
In che lingua impreca?
«Non dico parolacce. Non mi piace».
È tornato a Venezia, all’isola degli Armeni dove si è sposato?
«Sì, due anni fa dopo Venezia-roma. Il monastero si chiama come me».
Con Al Bano, che ha cantato al suo matrimonio, ha fatto solo il duetto di «Volare»?
«Anche quello di Felicità, ma quel video l’ho tenuto per me…».