A Repubblica il produttore della docu-serie sulla Davis del 76: quanto è unito questo gruppo, tanto erano divisi loro, quindi interessanti.
Procacci: «Sinner, Berrettini e gli altri della Coppa Davis meritano una serie tv, sono interessanti»
Domenico Procacci, produttore, editore della storica rivista Il tennis italiano, è regista della magnifica docu-serie “Una squadra” sull’Italia che vinse la Coppa Davis nel 1976.
Repubblica lo intervista, a firma Mattia Chiusano.
Non c’è un istrione come Panatta, come allora non c’era un’implacabile come Sinner.
«Sono molto diverse le squadre, ed è cambiato il tennis. Adriano è arrivato a essere numero 4 del mondo, quindi era fortissimo, ma il suo fascino stava anche nell’imprevedibilità: poteva vincere con chiunque ma anche avere una giornata no. Non aveva certo la regolarità di Sinner, così micidiale nei punti importanti, con una tenuta mentale incredibile: mai visto niente del genere. Certo, è un tennis diverso dal passato, dove c’è poco spazio per la spettacolarità».
Se la Veronica di Panatta era il gioiello di quella squadra, qual è il colpo simbolo di questa?
«Mi viene in mente un recupero di dritto in back che è diventato di fatto una palla incrociata imprendibile: è riuscito a Berrettini in semifinale, era un colpo che forse si giocava di più in un’altra epoca e oggi è meraviglioso».
L’ha colpita vedere Sinner e Berrettini vestiti in doppio con due tonalità diverse d’azzurro per motivi di sponsor?
«Ho capito che si trattava di due marche diverse, mentre per Panatta e Bertolucci era più facile coordinarsi perché erano entrambi della Fila. Che coppia quei due: a quei tempi il doppio lo giocavano i migliori del mondo, nella finale di Montecarlo ’80 hanno battuto McEnroe-Gerulaitis».
Meritano anche Sinner e compagni una docu-serie?
«Andava pagato un debito nei confronti di quell’altra squadra, che non trovò nessuno all’aeroporto a dirgli ciao dopo aver vinto la Davis in Cile. Quanto è unito questo gruppo, tanto erano divisi loro, quindi interessanti. Ma sì, la meriterebbero eccome una serie questi ragazzi, vorrei avere campo libero e non trovare filtri tra me e loro, però intravedo caratteri molto interessanti dal punto di vista narrativo».