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Roma, Ranieri per amore dei colori giallorossi dice sì ai Friedkin

Il terzo ritorno di Sir Claudio alla Roma che è a quattro punti dalla zona retrocessione. Contratto fino a giugno poi possibile futuro da dirigente in società.

Roma, Ranieri per amore dei colori giallorossi dice sì ai Friedkin
Db Torino 21/08/2023 - campionato di calcio serie A / Torino-Cagliari / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Claudio Ranieri

Ormai manca solo il comunicato ufficiale. Claudio Ranieri ha detto sì ai Friedkin, sarà il prossimo allenatore della Roma. Un gesto palesemente dettato per l’amore dei colori giallorossi. Il terzo ritorno di Sir Claudio alla Roma. Altra grande furbata dei Friedkin che fanno l’unica scelta possibile per riconquistare i tifosi allo stadio. Adesso, come detto, si attende solo il comunicato ufficiale.

Come sottolinea Angelo Mangiante, giornalista Sky vicino alla Roma, Ranieri è chiamata a risollevare una situazione catastrofica. La Roma è a quattro punti dalla zona retrocessione:

Gazzetta segnala che Ranieri resterà di sicuro fino a giugno, ma per lui è previsto anche un futuro di più lunga durata all’interno del club.

La Roma dei Friedkin è un cubo di Rubik con troppe facce e nessuno che ce ne metta una

Tiago Pinto, Berardi, Scalera, Vergine, Wandell, Zubiria, Souloukou. A volte dovremmo metterci nei panni altrui, se non per empatia per ambizione scientifica: romanista per un giorno, test di sopravvivenza. Quei nomi, buttati lì alla rinfusa, sono la “squadra invisibile” presente e passata della Roma: i dirigenti che dirigono evidentemente qualcosa che al tifoso (utente? cliente?) non è dato sapere. Una formazione da mandare a memoria, solo per il gusto di dimenticarla. Ora ce n’è un altro: Ed Shipley. Che il Corriere della Sera dipinge così: “plenipotenziario, miglior amico di Dan Friedkin, pilota acrobatico proprio come Friedkin, figura tarantiniana alla Wolf”. Esatto, quello che in teoria risolverebbe problemi. Mr Winston, l’originale, adesso starebbe piangendo in un cantuccio della doccia. La Roma made in Friedkin è un cubo di Rubik con troppe facce, e nessuno che ce ne metta una.

Al momento non c’è un allenatore, alla Roma. Ma non c’è nemmeno un Presidente. Perché non si manifesta, seppur evocato. E’ una nebulosa, rarefatta, impalpabile. Con troppa passione per le deleghe. Sembra un po’ uno Zeus da cartone animato, tipo quello di “Pollon combina guai”: ogni tanto una saetta giù nella capitale, a volte per livore altre per noia. Zac, e poi nasconde la manina. Si ritrae.

Ha fulminato così Mourinho, poi De Rossi, poi Juric. Alimentando tutti i falò delle vanità d’uno spogliatoio più romanzato d’un gossip di provincia. Letta da fuori la crisi della Roma non ha un capo – letteralmente: chi domanda?  – e non una coda: quando finisce questa agonia?

Basta leggere i nomi che puntualmente rispuntano sui giornali: torna De Rossi? Mancini? Allegri? Richiamiamo dalla pensione Ranieri? Strappiamo alla Turchia Montella? È una sagra paesana. Ma i Friedkin sono dei fantasisti del genere, e quindi ecco il “casting di Dan e Ryan”, i procuratori “amici” e le agenzie di recruiting. Chi allena? Chi sceglie l’allenatore? Chi sceglie chi sceglie l’allenatore?

La sagra prende le misure d’una fiera americana, strabordante, obesa: ecco Terzic, Lampard, Ten Hag, Schmidt, Sarri e Rudi Garcia. Persino Lino Banfi s’è proposto, per conto di Oronzo Canà. Che bella perversione sarebbe Eziolino Capuano: una mossa da Bagaglino. Perché non mandarla in vacca con stile? Non erano gli americani a dire che “when in trouble go big”?

Mentre scriviamo probabilmente un nome c’è già. Friedkin potrebbe annunciare il terzo allenatore stagionale in ticket con un nuovo Ceo e magari un novello direttore tecnico, pòro Ghisolfi. La risposta è dentro di loro, e però è sbagliata, traslitterando l’unico vero riferimento culturale di questa stagione romanista: Quelo.

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