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Sinner è inevitabile, persino noioso. Ha trasformato gli avversari in ceto medio riflessivo

No, le Finals non sono state un bel torneo. Solo Alcaraz (o il Tas) può “salvare” il tennis dal suo monopolio. In fondo anche Sinner ha bisogno di un contraltare

Sinner è inevitabile, persino noioso. Ha trasformato gli avversari in ceto medio riflessivo
Db Torino 14/11/2024 - Atp Finals / Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Jannik Sinner

Siamo già al punto in cui proclamiamo l’inevitabilità futura di Jannik Sinner, da qui agli anni a venire finché Tas non ci separi. La precondizione dell’assioma, se vogliamo chiamarlo così, è proprio che solo un fattore esterno come la sentenza d’un tribunale (o l’ovvietà di un infortunio qualunque) potrà “salvare” il tennis dal dominio del suo attuale mattatore. Quindi distogliamo lo sguardo da quell’elefante nella stanza, e godiamoci il presente come solo gli asceti tibetani – e ovviamente Sinner stesso – sanno fare.

Trattasi di una goduria percepita. La vecchia storia ascensoristica del “non è tanto che fa caldo, è l’umidità”: la stessa cosa. Il trionfo di Sinner è spudoratamente italiano, per ovvi motivi. Lo celebriamo con tutto il trasporto che merita un fenomeno del genere, e ce ne appropriamo perché siamo irrimediabilmente – noi mooolto più di lui – “italiani”: il miglior tennista del mondo per distacco è “nostro”. Non è lui, il soggetto sottinteso: siamo “noi”. Ammesso ciò, fattacene una ragione, incrociamo lo sguardo con quegli invidiosi di stranieri: la vittoria di Sinner alle Finals è una notizia da venti righe e titolo scontato. E come tale la stampa internazionale ha raccontato il torneo finale di questa stagione. accolto. Chi altri avrebbe potuto vincerlo Zverev, forse. Ma il numero due del ranking, per quanto in forma, è un tipino che sul traguardo va in stallo. Ha un bug. Alcaraz? E’ arrivato a Torino dichiaratamente consumato, è uscito ai gironi. Gli altri? Un cast di supporto, figuranti mandati al massacro.

Le Finals no, non sono state un bel torneo. La “grande bellezza” che Sorrentino non è riuscito ancora a sostituire nella retorica nazionale con un’altra citazione, è un titolo posticcio, buono per il marketing tv. Ma c’è stata partita una sola volta, nella semifinale tra Zverev e Fritz. Sinner ha giocato un campionato a parte. S’è allenato. Il tennis – quello senza il tifo portante, intendiamo – ma in generale lo sport, senza vera competizione è un po’ stucchevole.

Specifichiamo: Sinner non lo è. È un fenomeno. Ma rischia di diventarlo di sponda. Per manifesta superiorità. Quest’anno ha vinto settanta partite e ne ha perse solo sei. Un ritiro a Madrid, ad Indian Wells in semifinale con Alcaraz (1-6 6-3 6-2), in semifinale a Montecarlo con Tsitsipas (6-4 3-6 6-4), in semifinale al Roland Garros di nuovo con Alcaraz (2-6 6-3 3-6 6-4 6-3), ai quarti di Wimbledon con Medvedev (6-7 6-4 7-6 2-6 6-3), ai quarti di Montreal con Rublev (6-3 1-6 6-2). Stop. Se cercate un pattern, fatevene una ragione: Sinner è un essere umano e saltuariamente è fallibile, per il resto non c’è segreto industriale da rubare. Non sono sconfitte, sono debolezze della natura.

Sinner quest’anno ha perso solo con giocatori della top 10. E non ha mai perso una partita in due set, mai. Parliamo di una supremazia che Federer ha assaggiato per un po’ prima che sopraggiungessero Nadal e Djokovic. Ecco il punto: Sinner è solo. Alcaraz è il suo naturale contraltare: ha più colpi, più estetica, ha più fantasia, ma – per ora – non ne regge la costanza. Perché il tennis in questi anni non attraversa solo una fase di passaggio testimoniale dei suoi campioni, ma strutturale. E’ uno sport sempre più percentuale, basato sulla velocità e sulla potenza degli scambi. È un ping pong anabolizzato. Sinner è calato sul tennis come una macchina perfetta: nessuno tira più forte per più tempo.

Parli, se non i numeri, la resa incondizionata degli avversari, ridotti ormai a ceto medio riflessivo: lo ammirano mentre s’affannano a stargli dietro. A volte sorridono, nel mezzo del cammin della sconfitta. E poi non possono che ammettere l’ineluttabilità della lezione ricevuta. E’, appunto, una percezione condivisa, Sinner. Come si batte uno così, a queste condizioni? Lo sa solo Alcaraz, ma resta nella pratica una realtà episodica. Djokovic ha già declinato l’invito ad una festa che non può permettersi di far fallire.

Sinner può monopolizzare il tennis prossimo venturo. Dettarne la noia, persino, per la gioia dell’orgoglio italiano e di chi sa farsi piacere lo sport non-competitivo. Ha solo due ostacoli davanti: la crescita di Alcaraz, o la giurisprudenza. Anche Sinner tifa per Alcaraz, in fondo.

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