A Rai Radio 1: «Gli chiesi di firmarmi una pallina da tennis per rivenderla, ma alla fine l’ho tenuta e la conserverò per mio figlio come portafortuna».
Dopo la vittoria di Jannik Sinner alle Atp Finals 2024, a Rai Radio 1 è intervenuta Adisa Yahya, sua compagna di classe all’istituto Welther di Bolzano.
Sinner, la sua compagna di scuola: «Gli chiesi di firmarmi una pallina da tennis per rivenderla»
La ragazza ha raccontato qualche aneddoto della vita scolastica del tennista:
«Una volta a lui cadde una pallina da tennis dallo zaino. Io la raccolsi e gli dissi: “firmamela per favore, così quando sarai famoso potrò metterla all’asta”. Lui non disse nulla, si fece una risata e la firmò. La pallina però non l’ho affatto venduta, la terrò per mio figlio, magari porterà fortuna anche a lui se un giorno vorrà giocare a tennis».
Su che tipo di studente fosse ha risposto:
«Era un ragazzo molto calmo, capace e riservato. Non parlava molto e si concentrava solo sul suo lavoro. Faceva copiare molto poco, ma da noi non si copiava quasi per niente. Con le ragazze era timido, infatti ero sempre io che provavo a parlargli. Lui era concentrato e ambizioso, quando veniva a scuola aveva sempre tanto da fare e da recuperare… non perdeva molto tempo con noi a chiacchierare».
A Sinner “nun ce piace ‘o presepe”: l’abisso tra il campione internazionale e il buco nero della retorica identitaria
Jannik te piace ‘o presepe? “Ah guarda, non vedevo l’ora”. Ma come, “qua vengono tutte montagne, con la neve sopra, le casette piccole per la lontananza… te piace eh?”. Forse a Eduardo avrebbe risposto educatamente di sì, Sinner. Perché nel presepe di Casa Cupiello, Betlemme aveva l’orizzonte della val Pusteria. Ma in collegamento con Fazio, col trofeo delle Finals ancora fumante, il miglior giocatore di tennis del mondo ha avuto uno spasmo di personalità, l’istinto di non arrendersi al circo. O, almeno, non troppo.
Quel serafico “Ah guarda, non vedevo l’ora”, è un manifesto politico. Per i suoi standard di carineria agonistica è uno sbuffo clamoroso. Traduce la distanza siderale tra il campione internazionale e il buco nero della retorica identitarista, che pure lui per quieto vivere spesso accarezza. Il rifiuto dell’ipocrisia del “nostro” fuoriclasse. Trattato (da quando stravince tutto; perché prima, quando rifiutava la Davis, era percepito austriaco, etnia notoriamente meno consona) come un’eccellenza del made in Italy, manco fosse una mozzarella di Battipaglia, un pomodorino del piennolo, il Parmigiano Reggiano Dop.