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Conte con “le vittorie si costruiscono” ci ha fatto capire cosa pensa di Napoli l’inner circle della Juve

Il Napoli di Maradona fu costruito, in quel caso da Allodi. Non si può dire che lo scudetto spallettiano fu dovuto anche a circostanze uniche

Conte con “le vittorie si costruiscono” ci ha fatto capire cosa pensa di Napoli l’inner circle della Juve
Mg Torino 21/09/2024 - campionato di calcio serie A / Juventus-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Conte con “le vittorie si costruiscono” ci ha fatto capire cosa pensa di Napoli l’inner circle della juve

La missione di Antonio Conte è lunga da compiersi. Le vittorie si costruiscono. Affermazione da apporre in esergo ad ogni angolo della città. È esploso l’allenatore del Napoli all’ennesima domanda prodotta dalla città. Perché, diciamolo, è la domanda che tutti si fanno. Anzi più che una domanda, a Napoli è un mantra: amma vencere. Quel che Conte non sa è che Napoli non vuole vincere per primeggiare, bensì per avere un motivo per uscire dalla propria deprimente realtà che l’avviluppa. Finché il Napoli di Conte sarà primo, le bocche resteranno cucite. La critica becera non è tracimata dopo la sconfitta interna contro la bellissima Atalanta, solo perché è stata mantenuto il primato. Ha fatto anche un po’ tristezza sentire Conte. Le parole che sono venute fuori sono state dolorose. Quando parla di “costruzione delle vittorie” Conte ci ha finalmente detto di come il Napoli, ed i suoi tifosi, vengano visti dall'”inner circle” del mondo Juve.

Il tecnico salentino è molto sensibile al rumore di fondo cittadino. In ogni suo intervento ai microfoni sciorina una rarissima onestà intellettuale che in città risuona strana. Troppo abituati i napoletani ad essere “gabbati”, come scriveva sul Guerin Sportivo Gianni Brera nel suo Arcimatto, parlando di un Napoli bellissimo. Sempre blanditi e presi in giro dagli avventurieri di turno. Ad occhi più attenti i napoletani producono solamente profonda tristezza, per il loro modo di essere e il loro modo di pensare piccino. Alla fine a Napoli si arriva sempre allo stesso punto. La distanza culturale tra chi fa calcio in un certo modo e chi invece è abituato a non vincere mai è mortificante. Silenzio e vittorie per chi costruisce vittorie. Pianti e complotti per chi vive di espedienti.

Con Conte nulla è lasciato al caso

Dicevamo l’esergo da apporre in ogni angolo cittadino: le vittorie si costruiscono. Eppure dovremmo ricordarlo che nel quinquennio d’oro di ormai quaranta anni fa la vittoria arrivò dopo due anni di costruzione certosina grazie a Italo Allodi. Il Napoli vinse anche allora nonostante si pensasse, che essendoci il calciatore più forte del mondo, la vittoria dovesse arriva per diritto divino. Non fu cosi. Non è mai stato cosi. Non lo ha detto a chiare lettere Conte, sarebbe stato un clamoroso autogol, ma non è ritenuta vittoria “costruita” nemmeno lo scudetto spallettiano, nato da una serie di circostanze ed avvenimenti unici. Fisiologico invero il disastro prodotto l’anno scorso da una città ingessata nei festeggiamenti, ed una società che festeggiò più che nei quartieri spagnoli. Dei tre allenatori ingaggiati, ad oggi due sono disoccupati, un direttore sportivo ha trovato collocazione in serie C, e il club manager che vede Castel Volturno solo con Google Earth.

Conte è un’occasione unica per il Napoli. Come avrebbe potuto esserlo Carlo Ancelotti, che commise l’errore che non sta commettendo Antonio Conte: parlare in maniera chiara, ripartendo tra ciascuno le proprie responsabilità, senza blandire alcunché. La permanenza di Antonio Conte nel Napoli è la garanzia che mai nulla sarà lasciato al caso. Fino ad allora il percorso sarà virtuoso, anche nella sconfitta. Del resto è contismo in purezza pensare al futuro, richiamando la società al proprio ruolo, dopo una bella vittoria. Questo è costruire vittorie: continuare ad essere incazzati ed insoddisfatti sempre, nonostante il primo posto in classifica. L’antitesi in pratica di ciò che è Napoli, che se vince la domenica il lunedì continua a festeggiare.

“era meglio che non lo scrivevo quest’articolo”.

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