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Draper: «Guido ancora una Polo di seconda mano, al paragone con Murray non ci penso»

Al Telegraph: «Da ragazzino mi piaceva allenarmi un po’ e poi tornare a mangiare patatine tutto il giorno e guardare la tv».

Draper: «Guido ancora una Polo di seconda mano, al paragone con Murray non ci penso»
NEW YORK, NEW YORK - AUGUST 27: Jack Draper of Great Britain against Zhizhen Zhang of China during their Men's Singles First Round match on Day Two of the 2024 US Open at the USTA Billie Jean King National Tennis Center on August 27, 2024 in the Flushing neighborhood of the Queens borough of New York City. Jamie Squire/Getty Images/AFP (Photo by JAMIE SQUIRE / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)

Il tennis in Gran Bretagna ha ora una nuova stella: Jack Draper. Il classe 2001 ha rilasciato un’intervista al Telegraph sulla sua nuova vita da celebrità.

Draper: «Guido ancora una Polo di seconda mano, non parlo mai del mio tennis con le persone»

«Guido ancora una Polo di seconda mano. Non sono materialista».

Ha dovuto affrontare non solo diversi infortuni, ma anche la perdita della nonna a cui era molto legato e che si è ammalata di Alzheimer:

«L’Alzheimer ha molte fasi. Inizi a perdere la memoria, ma la fase peggiore è quando fisicamente stai bene, ma sei arrabbiato. L’ho vista attraversare diverse fasi, come non voler entrare nella doccia. Mio nonno l’ha aiutata, è stato un eroe».

Draper ha vissuto il tennis sin da piccolissimo; suo padre dirigeva l’organo nazionale del tennis in Gran Bretagna, sua madre era un’ex tennista. Anche lo zio e il fratello giocavano:

«Se esco o incontro altre persone, non parlo mai del mio tennis. Non penso a ciò che faccio come una roba eccezionale».

Ora è 15esimo nel ranking Atp:

«Quando ero un po’ più giovane, mi piaceva solo allenarmi un po’ e poi tornare a mangiare patatine tutto il giorno e guardare la tv. Ma ora che sento di avere obiettivi importanti, voglio essere impegnato tutto il tempo. Voglio crescere. Quindi quando ho giorni liberi, quando ho momenti in cui sono infortunato o non posso giocare, o non posso andare in palestra, è faticoso. Ora ho iniziato a capire perché Andy Murray ha fatto fatica a lasciare lo sport. Inseguiamo qualcosa tutto il tempo, siamo impegnati a vincere, giocare, viaggiare con la scarica di dopamina. Non è la vita reale quella. Quindi quando torni a non avere molte pressioni, non sai che fare durante la giornata. È ovviamente uno shock».

Dopo il match perso al Roland Garros contro De Jong, per il britannico è arrivata la svolta:

«Ero confuso, pensavo “Cosa sto facendo? Non sto mostrando il mio vero potenziale. Non sono il giocatore che voglio essere”. Quindi, quando ripenso a quest’anno, questa è la cosa che mi dà più soddisfazione, più gioia: risolvere certe situazioni e poi trasformarmi in un giocatore diverso grazie al cambiamento di mentalità. Non sono un John Isner [alto 1,98 m che probabilmente ha avuto il miglior servizio nella storia del tennis]. Una delle mie principali caratteristiche come giocatore è la mia capacità di muovermi bene per la mia stazza fisica».

In molti hanno pensato che dopo il buon 2024 di Draper coinciso con il ritiro di Murray, ci fosse stato un “passaggio del testimone”:

«Cerco di non pensare ai paragoni. Credo che ciò che funzioni per me è capire ogni giorno cosa devo fare meglio per poter competere nei tornei più importanti con giocatori di alto livello, mentalmente, emotivamente, fisicamente, tutto. Sono concentrato su come migliorare e sì, spero un giorno di essere uno dei migliori al mondo». 

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