«Qua (a Napoli) parlate di vincere con molta facilità, uno si alza la mattina e parla vinciamo» è già una frase cult. È uno spartiacque nell’esperienza di Conte qui
E alla fine Conte sbottò. Una goduria, onestamente. La conferma che ha capito dove si trova.
La penultima risposta della conferenza stampa di oggi segna uno spartiacque nell’avventura di Antonio Conte a Napoli. Finalmente elimina quella patina di ipocrisia che da mesi avvolge la narrazione della sua esperienza alla guida del Napoli. La realtà dei fatti – che in pochissimi raccontano – è che Conte è stato fin qui risparmiato da critiche solo perché il suo Napoli è ormai da nove giornate primo in classifica. Ma, a parte l’ultima partita a Torino (che ha soddisfatto una porzione più ampia di tifosi), il tam tam (dall’uomo della strada al magistrato o al primario [che poi sono i peggiori]), è stato un brontolio continuo. Sul gioco del Napoli che a loro avviso non si potrebbe guardare. Sulla linea di difesa che è troppo bassa. Su Lukaku che non ne beccherebbe una nemmeno di striscio mentre Osimhen in Turchia (in Turchia!) segna gol a grappoli. Sulla juventinità di Conte che i neoborbonici del pallone proprio non digeriscono. Non citiamo gli Xgoal per rispetto a Conte. Nel corso del tempo ai sarriti si sono aggiunti gli spallettiani. Quelli che “per otto undicesimi ha la stessa squadra dello scudetto”. Lui già qualche tempo fa, rispose e disse: «Se è per questo lo scorso anno con dieci undicesimi, perché c’erano anche Zielinski e Osimhen, il Napoli è arrivato decimo».
Antonio Conte è persona molto intelligente e ha quasi sempre fatto finta di niente (anche se basta leggere articoli di quotidiani nazionali per capire che lui ci tiene a far sapere che il Napoli di gioco ne produce eccome). In ogni caso è stato al gioco dell’ipocrisia. E allo stesso tempo gli va dato atto di aver lavorato alla costruzione di un rapporto adulto con la città. È stato uno dei pochissimi a trattare Napoli e i napoletani da adulti, con rarissime se non inesistenti concessioni alla retorica e al populismo che qui invece vanno alla grande. È sempre onesto intellettualmente, anche sul suo ruolo nella storia della Juventus (passaggio non semplice in questa città). E va detto che la maggioranza dei tifosi lo ha apprezzato e lo apprezza. Il punto è che spesso chi apprezza è anche chi sta in silenzio. A far rumore sono altri. Anche questo segnale oggi ha lanciato. «Vedo che l’ambiente non è compatto».
Nel frattempo ha provato a vivere la città (questo lo ha fatto anche sinceramente): il murales di Maradona, poi l’ospitata nella trasmissione cult delle tv private napoletane, il caffè nel bar molto conosciuto. Purtroppo a Napoli ci si deve comportare così. La città va adulata. Gli allenatori sono professionisti, sanno come comportarsi. E ovviamente annusano anche l’aria, l’ambiente.
Conte sa benissimo che al primo contrattempo, alla prima giornata in cui il Napoli dovesse perdere il primato, le critiche lo sommergerebbero. Lo aveva già capito. Una volta in conferenza lo disse. Più o meno, a proposito degli elogi a Politano, disse così: «ora va tutto bene ma al primo pareggio diranno (e fece la voce roca): “Politano gioca troppo basso”». Oggi è sbottato in purezza. Quando, con grande semplicità gli era stato chiesto delle possibilità di vincere la Coppa Italia. Non si è tenuto:
Parlate di vincere con molta facilità qua, uno si alza la mattina e parla vinciamo. Vinciamo la Champions League, vinciamo la Coppa Italia, vinciamo il campionato, vinciamo vinciamo. Per vincere, ripeto, si devono costruire le vittorie. Altrimenti non vai da nessuna parte. La costruzione è alla base della vittoria. Ribadisco, l’obiettivo principale è costruire qualcosa di solido per creare un gruppo e una squadra che abbia l’ambizione di poter stare lì con la voglia realistica di vincere. Non da sognatori. Qui c’è la differenza tra il sognare, io il sogno non tolgo a nessuno. Poi c’è la realtà. La realtà è che c’è una costruzione in atto in cui dobbiamo cercare di costruire qualcosa che possa durare, dare gioia e felicità a tutti i tifosi a tutto l’ambiente, che possa compattare l’ambiente che a volte vedo che l’ambiente non è compatto. C’è anche questa altra difficoltà. Parliamo di vincere Coppa Italia, Champions League e campionato come se, prendo (prende la bottiglietta d’acqua davanti a sé, ndr) e mi bevo la bottiglia d’acqua. Io con tutto il rispetto che posso avere, però voi dovete rispettare anche chi lavora e chi ha un minimo d’esperienza su come si costruiscono le cose per essere durature ce l’ha. Va bene?! Era meglio non la facevo sta conferenza. Vai…».
Il segnale inequivocabile che Conte ha capito perfettamente dove si trova. Ne siamo rinfrancati. Sapevamo che lo aveva già compreso ma ora si gioca a carte scoperte. A Napoli il decimo posto e il disastro dello scorso anno sono stati rimossi. Così com’è stato rimosso il finale della stagione dello scudetto. Con la squadra che non ne aveva più e fu presa anche a ceffoni dal Milan in Champions. Le storie non si ripetono. Altrimenti ogni anno vincerebbe sempre la stessa squadra. Quella è stata una vittoria storica e indelebile. Ma è il passato. Conte è venuto a ricostruire. Sul campo, con la squadra, sta facendo un lavoro eccellente. Anche con l’ambiente. Ma sa benissimo che tutto gli sarà perdonato solo in caso di vittoria. In caso contrario, dovrà fronteggiare umori non facilmente governabili. Oggi ha voluto far capire che lo sa, lo sa benissimo. Ma ha anche voluto trasmettere per l’ennesima volta un messaggio. Che le vittorie si costruiscono. Che il Napoli è sì primo in classifica ma non è stato costruito per vincere. Ma una cosa è sognare e un’altra competere realisticamente per la vittorie. Ha parlato anche di vittorie effimere. Non sapeva più cosa dire per essere il più chiaro possibile.