L’agenzia mondiale anti-doping sapeva del doping cinese, ma isolò l’unità investigativa che se ne doveva occupare, nascondendo il caso dei 23 nuotatori positivi alla Tmz
A metà del 2020, un’unità investigativa dell’Agenzia mondiale antidoping – l’ormai famigerata Wada che ha presentato il ricorso contro Sinner al Tas – ha inviato ai massimi funzionari dell’agenzia un rapporto contenente un’intervista ad un medico che aveva lavorato presso il ministero dello sport cinese. Il medico, che aveva disertato nel 2017, affermava che la Cina ha portato avanti per decenni un programma di doping sostenuto dallo Stato. “Uno scenario potenzialmente da incubo per il movimento olimpico, che si stava ancora riprendendo dallo scandalo di doping russo che aveva scosso i Giochi”, racconta il New York Times. Ciò che è accaduto dopo getta un’ombra pesantissima sull’operato della agenzia anti-doping mondiale: in sostanza è abbastanza evidente il tentativo di insabbiare il doping cinese.
“Le informazioni erano specifiche – racconta il Nyt – Tra i modi in cui gli atleti cinesi imbrogliavano, ha detto, c’era l’assunzione di quantità non rilevabili di un farmaco per il cuore poco noto, la trimetazidina o Tmz, che può aiutare ad aumentare la resistenza, la durata e il recupero”. Si tratta della sostanza per cui è stata sospesa per un mese Iga Swiatek.
“La decisione dell’unità investigativa di trasmettere il suo avvertimento ai vertici dell’agenzia è stata insolita e l’unità ha inserito la Cina in una speciale lista di paesi da sottoporre a controlli più approfonditi, date le preoccupazioni sollevate dal medico, che, secondo gli investigatori, era credibile”.
“Il rapporto si è rivelato lungimirante: sette mesi dopo essere stato inviato ai vertici dell’agenzia antidoping, 23 nuotatori cinesi d’élite sono risultati positivi alla Tmz dopo aver gareggiato in Cina. Ma quando la Wada è venuta a conoscenza dei test positivi, i massimi dirigenti non hanno preso provvedimenti. Anzi, hanno messo da parte l’unità investigativa, scegliendo di non dire ai suoi investigatori e analisti che i nuotatori erano risultati positivi, assicurandosi che la questione non sarebbe stata ulteriormente esaminata”.
Lo stesso New York Times scrive che “la decisione dei dirigenti dell’agenzia di tenere all’oscuro i propri investigatori solleva nuovi interrogativi sulla risposta della Wada ai ripetuti episodi di possibile doping da parte di atleti cinesi. E crea nuovi dubbi sul fatto che la Wada abbia modificato in modo significativo le sue attività e la sua cultura dopo che la sua credibilità è stata messa in discussione dalla scoperta nel 2015 che l’agenzia non è riuscita a fermare un programma di doping sponsorizzato dallo Stato russo, che ha operato senza essere scoperto per anni”.
I cinesi si difesero affermando che i nuotatori erano stati inconsapevolmente contaminati da tracce di Tmz attraverso una cucina che aveva servito loro del cibo, ma non sono mai stati in grado di spiegare come la sostanza fosse arrivata in cucina. Alcuni dei nuotatori risultati positivi hanno poi vinto medaglie alle Olimpiadi del 2021 e del 2024, tra cui quattro ori. Una di loro, Zhang Yufei, ha vinto sei medaglie a Parigi, più di qualsiasi altro atleta.
“Nel caso cinese, i principali avvocati della Wada, tra cui il direttore degli affari legali Julien Sieveking e il principale avvocato esterno dell’agenzia e ora consulente generale Ross Wenzel, hanno segretamente scagionato i 23 nuotatori da ogni illecito”, continua il giornale. “Tale decisione, resa nota per la prima volta ad aprile dal New York Times e dall’emittente televisiva tedesca ARD, ha consentito ai nuotatori di continuare a gareggiare senza ulteriori indagini o sanzioni, nonostante gli stessi scienziati dell’agenzia, che operano separatamente dall’unità investigativa, fossero scettici circa la spiegazione della Cina”.
La Wada ha confermato di aver isolato la sua unità investigativa che doveva gestire i test positivi tra i nuotatori cinesi, perché “un’accurata revisione legale e scientifica dei fatti, anche da parte di un consulente legale esterno”, non ha mostrato “alcuna base per contestare la spiegazione della contaminazione” offerta dai cinesi.
Ma diversi esperti antidoping hanno affermato che, come minimo, la Wada non avrebbe mai dovuto accettare per buona la spiegazione della Cina sui test positivi dei nuotatori, soprattutto considerando le informazioni contenute nel rapporto investigativo e la decisione dell’unità investigativa di inserire la Cina in una lista di controllo proprio per quel tipo di violazione.
La Casa Bianca sta bloccando i finanziamenti statunitensi per la Wada. E il Dipartimento di Giustizia e l’FBI hanno aperto un’indagine su come le autorità antidoping abbiano permesso ai nuotatori cinesi di sfuggire ai controlli.