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Fanna: «Il Verona fu l’ultima favola prima del calcio di Berlusconi. Preferii l’Inter al Napoli di Maradona, sbagliai»

Al Foglio: «Io e il grandissimo Trapattoni non eravamo fatti l’uno per l’altro. Mi toglieva sempre per un difensore. Bagnoli mi lasciava libero»

Fanna: «Il Verona fu l’ultima favola prima del calcio di Berlusconi. Preferii l’Inter al Napoli di Maradona, sbagliai»

Fanna: «Il Verona fu l’ultima favola prima del calcio di Berlusconi. Preferii l’Inter al Napoli di Maradona, sbagliai»

Pierino Fanna, ex calciatore degli anni Settanta e Ottanta (ha giocato fino al 1993), intervistato sul Foglio sportivo da Antonello Sette.

Ricorda la sua esperienza alla Juventus.

«All’inizio l’impatto è stato bellissimo. Poi, domenica dopo domenica, ho cominciato a giocare meno e, a poco a poco, mi sono spento. A me piaceva correre, dribblare, partire e ripartire. Un istinto gettato alle ortiche, da chi mi faceva giocare una volta sì e tre no. Avevo perso in fretta i capelli e la voglia di volare».

A riportarla dagli inferi sabaudi al Nuovo Cinema Paradiso, ci pensa nel 1982 il Verona, poi dei miracoli…
«Mi acquista dalla Juventus per un miliardo e duecentomila lire. Una cifra, che per un singolo calciatore non avevano mai sborsato. Sì, lì ho ritrovato il paradiso delle mie origini, ai margini del mondo che contava. Lì ho ricominciato a volare. Osvaldo Bagnoli, a cui devo la mia intera felicità calcistica, mi ha capito, lasciandomi libero di seguire il mio istinto, come quello che mi allenava quando ero bambino. Mi ha fatto risentire importante, mettendomi, come si dice oggi, al centro di un progetto che fortunatamente non aveva limiti prestabiliti. (…) Ricordo una famiglia, un padre, tanti fratelli, Domenico Volpati era quello maggiore, uno spogliatoio unito e granitico, come non avevo conosciuto prima e non avrei più ritrovato dopo. Ricordo un calcio che stava già cambiando. Non ci sarebbe stato più spazio per una favola come quella del Verona. Il nostro scudetto è stato l’ultimo treno preso al volo. Prima che arrivasse il calcio di Silvio Berlusconi».

Dall’apoteosi alla corsa tutta in salita nell’Inter…
Fanna: «Con il senno di poi è stato un errore. A Milano ritrovavo Giovanni Trapattoni, l’allenatore del feeling mai sbocciato ai tempi della Juve. Purtroppo, è accaduto, una, due volte, sempre. Andavamo in vantaggio e, in tempo reale, si alzava la paletta che sanciva l’ingresso di un difensore al posto mio. E, sostituzione dopo sostituzione, ho perso, una volta ancora, la felicità di essere me stesso. Il campione d’italia Pierino Fanna si vedeva costretto a correre a fari spenti, senza né luce, né certezze. E pensare che mi era arrivata un’offerta dal Napoli di Maradona, ma io avevo voluto fortissimamente l’inter, la squadra per cui tifavo da bambino. Hanno detto e scritto che io avrei avuto un problema con le grandi città. La verità è che all’epoca gli allenatori dettavano non solo le formazioni, ma anche la cornice e le incompatibilità. A distanza di tanto tempo, posso dire che io e il grandissimo Trapattoni non eravamo fatti l’uno per l’altro».

Segue il calcio di oggi?
«Poco o niente. È diventato per i miei gusti troppo fisico e fuggente. Le rose si sono gonfiate a dismisura e non si fa in tempo ad affezionarsi a un calciatore che già va via. Si gioca all’infinito, ma non ci sono più favole da leggere».

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