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Gigi D’Alessio: «Salvai mio figlio dallo tsunami alle Maldive, ho avuto il senso di colpa di essermi salvato»

Al Corsera: «Ricordo la compostezza di quella gente, la loro forza. Il coraggio di donne, uomini e bambini che scavano a mani nude»

Gigi D’Alessio: «Salvai mio figlio dallo tsunami alle Maldive, ho avuto il senso di colpa di essermi salvato»
D'Alessio

Gigi D’Alessio: «Salvai mio figlio dallo tsunami alle Maldive, fummo fortunati».

Gigi D’Alessio racconta al Corriere della Sera – a firma Carmine Aymone – la sua drammatica esperienza alle Maldive vent’anni fa, quando ci fu il terribile tsunami nell’Oceano Indiano.

«Venti anni fa, il 26 dicembre del 2004, ero con i miei figli in vacanza a Soneva Fushi, nelle Maldive, per trascorrere le festività natalizie. A fine ottobre avevo pubblicato il mio undicesimo album in studio “Quanti amori” e decidemmo di partire per staccare, fermarci per qualche giorno. In un attimo il mare diventò un mostro che divorò quel paradiso e la sua gente. Fu terribile».

Uno scenario apocalittico che ha segnato per sempre la storia di quelle terre. Gigi D’Alessio mette indietro le lancette del tempo a quel terribile giorno, quando un terremoto di magnitudo 9.2 nell’oceano Indiano innescò uno tsunami che devastò l’Indonesia. Di quei giorni D’Alessio non ha mai dimenticato nulla. Non vuole farlo.

Gigi D’Alessio parla dello tsunami di vent’anni fa

Cosa ricorda di quegli attimi drammatici?
«Sembrava uno di quei disaster movie che vediamo al cinema. Arrivò un muro d’acqua alto metri. Feci appena in tempo a prendere in braccio mio figlio Luca (oggi l’artista LDA), che allora aveva poco più di un anno. Uscimmo dal mio bungalow e andammo a controllare come stavano gli altri miei figli Claudio e Ilaria nella struttura accanto. Mi muovevo nell’acqua che saliva sempre di più, sollevando il piccolo Luca sempre più in alto. Riuscimmo poi a raggiungere tutti una zona sicura tra urla, disperazione, distruzione. Nulla si salvò».

Un pericolo scampato per pochissimo?
«Sì, sono stato fortunato. In altre zone l’onda non ha risparmiato niente e nessuno, cancellando lembi di paradiso e a pagarne le spese, come spesso accade, sono stati i più poveri, i più deboli, i più indifesi, coloro che non hanno fatto in tempo a trovare un posto sicuro».

Come si è sentito subito dopo?
«Ho provato un profondo senso di colpa per il solo fatto di essermi salvato e di poter ritornare alla mia vita agiata. Pensavo che il tempo avrebbe trasformato questa giornata in un ricordo evanescente, invece non è stato così. Non ho dimenticato quello che accadde, non volevo farlo. Ricordo la compostezza di quella gente, la loro forza, la loro capacità di fare gruppo e di aiutare chiunque, anche noi turisti. Il coraggio di donne, uomini e bambini che scavano a mani nude».

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