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Luzzi: «Ebbi un diverbio con Maradona. Lo salutai “paisà”. Mi disse “come ti permetti?” Poi capì. Siamo stati amici»

Voce storica di “Tutto il calcio minuto per minuto” a Repubblica: «Le cronache sportive di oggi sono imbottite di informazioni inutili. Ma a chi frega?»

Luzzi: «Ebbi un diverbio con Maradona. Lo salutai “paisà”. Mi disse “come ti permetti?” Poi capì. Siamo stati amici»
Argentinian national soccer team captain and midfielder Diego Maradona cries after his team lost to West Germany 1-0 on a penalty kick by defender Andreas Brehme in the World Cup final, 08 July 1990 in Rome. It is Germany's third World title (1954, 1974 and 1990). AFP PHOTO (Photo by STAFF / AFP)

Ezio Luzzi, 91 anni, voce storica di “Tutto il calcio minuto per minuto” intervistato da Repubblica.

Luzzi: «Le cronache sportive di oggi sono imbottite di informazioni inutili»

Vero che Luzzi è nato in uno stadio?
«Sì, a Santa Fè, in Argentina. Mio padre era il custode e avevamo diritto all’appartamento all’interno dell’impianto».

Perché l’Argentina?
«Mio padre Cesare, originario di Terracina, e mia madre Elettra, romagnola, avevano lasciato l’Italia per cercare fortuna in Sudamerica».

Quelli che hanno più di quarant’anni ricordano il suo “Scusa Ameri, sono Luzzi” alla radio, dai campi della B.
«Ho dato dignità alla provincia. Ovunque andassi venivo accolto come un re, perché se arrivava Luzzi voleva dire che quella era la partita più importante della giornata».

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Del nucleo fondatore lei l’ultimo ancora in vita.
«Sono morti tutti. Guglielmo Moretti, Roberto Bortoluzzi, Sandro Ciotti, Enrico Ameri, Paolo Valenti. Cominciammo a trasmettere nel 1960».

Com’era la provincia italiana?
«Una volta il Pisa perse tre volte di fila e Romeo Anconetani disse pubblicamente che io portavo jella. Prima di ogni partita spargeva il sale sul terreno di gioco».

Che tipo era Costantino Rozzi, il patron dell’Ascoli?
«Viveva nei pressi dello stadio ed era infastidito dal parcheggio selvaggio attorno alla propria abitazione. Bucava le gomme delle auto dei tifosi».

Come le sembrano le cronache sportive di oggi?
«Imbottite di informazioni inutili su assist, gol fatti, biografie. Ma a chi frega?».

Chi stato il radiocronista più bravo?
«Enrico Ameri, un trascinatore eccezionale».

La rivalità tra Ciotti e Ameri:
«Ciotti soffriva il fatto che Ameri fosse il numero uno. Diceva: io ho fatto il liceo, lui solo un maestro elementare».

Ameri veniva dalla Repubblica di Salò?
«Era stato sergente nella Rsi. Dopo la guerra, quando cerano i comizi dei comunisti, le autorità lo costringevano a stare a casa».

Maradona l’ha conosciuto?
«Mi fece fare uno scoop, annunciandomi che andava al Napoli».

Davvero andò così?
«A New York nel 1984, dove ero con la Nazionale. Lo chiamavo paisà, visto le comuni origini argentine».

Paisà?
«Quando andammo a Stoccarda per la finale di Coppa Uefa del Napoli, noi giornalisti viaggiavamo al seguito della squadra, lo salutai “paisà”. Maradona saltò su. “Come ti permetti?” Ci fu un diverbio sull’aereo. Poi capì. Siamo stati
amici».

Quanti Mondiali ha seguito?
«Otto. E otto Olimpiadi. Ad Atlanta ho rischiato di morire. La bomba scoppiò a pochi metri da me. Chiamai Roma, sono stato il primo al mondo a dare la notizia».

Come si sente?
«Come l’ultimo moicano».

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