A L’Equipe: «Quel gol alla Francia? Lo provavo sempre in allenamento ma non segnavo mai. All’Inter e in Italia non erano abituati a terzini d’attacco».
L’ex terzino brasiliano e leggenda del Real Madrid Roberto Carlos racconta vari retroscena della sua carriera in un’intervista a L’Equipe.
Roberto Carlos: «L’errore al Mondiale 1998 fu pensare che il Brasile aveva già vinto»
Sulla celebre punizione, che si trasformò in gol, contro la Francia nel 1997 ha spiegato:
«Ci avevo lavorato a lungo in allenamento, ma non avevo mai segnato: la palla finiva sempre di poco fuori o al massimo sul palo. Quel giorno, gli astri si sono allineati: la distanza, il vento, la posizione del mio piede, quella del muro difensivo e del portiere… Ho mirato dando effetto e ha funzionato».
A passargli il testimone nel Brasile era stato Branco, campione del mondo nel 94:
«Finché c’era Branco, non ho avuto possibilità di giocare. Abbiamo condiviso la stanza, è stato fantastico per me dormire con il mio idolo! Un giorno ha avuto mal di schiena e ho colto la palla al balzo. Con Cafu, ho la sensazione che abbiamo rivoluzionato il ruolo del terzino, proiettandoci costantemente in attacco, non solo difendendo. Anche in Francia Bixente Lizarazu e Patrice Évra hanno intrapreso questa strada».
Roberto Carlos ha cominciato a lavorare a 11 anni:
«In una fabbrica tessile, pur continuando ad andare a scuola. Vivevamo in una casa di legno e la sera giocavo a calcio con i miei cugini. La domenica andavamo in chiesa e durante la settimana passeggiavamo per la piazza vicino a casa nostra sperando di incontrare belle ragazze…».
Un brasiliano “anomalo”, visto che elogia Diego Armando Maradona:
«Per me, che sono mancino, è stato il riferimento assoluto!»
L’Inter lo ingaggia nel 1995 per l’equivalente di 3,5 milioni di euro:
«Vivevo lontano da casa, con una figlia che mi era appena nata, ma dopo due mesi mi ero già abituato. Ho la mentalità della gente originaria di piccole città: sono sempre stato pronto a superare qualsiasi difficoltà. In Italia non erano abituati a vedere difensori che salgono così tanto. I riferimenti all’epoca erano Paolo Maldini o Giuseppe Bergomi. Ho parlato con l’allenatore e il presidente in modo che mi lasciassero gicoare più avanti perché volevo giocare a sinistra».
Poi il trasferimento al Real Madrid:
«Mi sono trovato in una squadra piena di ambizioni con Clarence Seedorf, Christian Karembeu, Christian Panucci, Fernando Redondo, Fernando Hierro… Nel 1997 abbiamo vinto la Liga, ma quello che conta davvero al Real è la Champions League».
Autore di 70 gol e 116 assist in undici stagioni con i blancos:
«Anche quando ero un po’ dolorante giocavo, perché se hai la possibilità di indossare la maglia del Real Madrid non puoi mollare».
Il periodo dei “Galcticos” con Zidane, Luis Figo e Ronaldo il fenomeno:
«Mi è piaciuto quel periodo, anche se c’era molta pressione e non abbiamo vinto tanti titoli come avremmo voluto. Tutti volevano batterci. Ovunque siamo andati, siamo stati accolti come rockstar, soprattutto durante i tornei estivi di preparazione. Abbiamo avuto i migliori giocatori del tempo in ogni posizione. Zidane aveva perso due finali di Champions, l’ho chiamato prima che arrivasse a Madrid per dirgli che se voleva vincerla, doveva venire da noi, nel miglior club del mondo. Zizou mi ha sempre dato ottimi consigli e non ha esitato a urlarmi contro quando doveva. E’ stato bello giocare e condividere lo spogliatoio con lui. Dal momento che non è più allenatore in carica, viaggia molto e quindi non mi invita più tanto spesso al ristorante».
Il Mondiale vinto in Brasile:
«In Brasile, vincere la Coppa del Mondo è un obbligo. È un’occasione per dare gioia alla gente, una buona parte della quale vive in povertà. I giocatori hanno grandi responsabilità. Durante il torneo del 2002, vedevamo video di persone nel Paese che non dormivano o si alzavano all’alba per guardare le nostre partite e ci diede la forza per arrivare fino in fondo».
Una rivincita contro la Francia che aveva vinto quattro anni prima:
«Il nostro errore fu pensare che avremmo vinto la finale senza problemi, ma sfortunatamente per noi quella sera Zizou segnò gli unici due gol di testa della sua carriera. Poche ore prima, Ronaldo fu vittima di una grave crisi, stette malissimo. In un primo momento, pensai che stesse facendo uno scherzo, ma poi ho capito che era grave. C’era troppa pressione. Penso che se fosse stato in pieno possesso dei suoi mezzi, avremmo vinto. Gli dico sempre che il Pallone d’Oro era anche mio e che me l’ha rubato. Ho sentito che fino alla finale dei Mondiali del 2002 ero il favorito, ma arrivare secondo per un difensore è straordinario».
Nel 2007 Roberto Carlos doveva passare al Chelsea. Ha raccontato il retroscena della trattativa:
«Ho incontrato Roman Abramovich a Parigi, per non destare i sospetti dei media, ma un intermediario ha chiesto soldi che non aveva chiesto prima e poiché questo non è il mio modo di vedere le cose, ho deciso di non firmare».