Repubblica giustamente la celebra: «Mi sentivo svenire per i dolori lancinanti». L’altro giorno a Denver ha cavalcato il cavallo meccanico
Sofia Goggia è risorta ancora una volta. Nostra signora del rischio non si accontenta del secondo posto
La Repubblica sfodera un bellissimo e commovente omaggio a Sofia Goggia che dopo mesi di inattività è tornata in gara ed è subito arrivata seconda in discesa libera, a Beaver Creek.
Scrive la Repubblica con Mattia Chiusano:
Nostra Signora del Rischio. Sempre al massimo, sempre pronta a ripartire anche dopo il terribile infortunio del 5 febbraio e due interventi chirurgici. Beaver Creek, pista della Coppa del mondo maschile dedicata questa volta alle donne, Sofia Goggia seconda dietro l’austriaca Cornelia Huetter. Cosa c’è di straordinario? La normalità con cui lei non si accontenta, quindi ancora rimugina sulla vittoria che non è arrivata: «Buona la prima, dai. Questa estate ero a un passo dal lasciare tutto, anche questa volta ce l’ho fatta. La mia è stata una gara buona, non eccelsa. È come se avessi sciato all’80-85% del mio potenziale. Quando sei al cancelletto parti sempre per vincere: mi stanno sullo stomaco quei 16 centesimi che ho lasciato e mi sono costati la vittoria nell’ultima parte, proprio quella in cui avrei dovuto fare la differenza». Per il resto del mondo invece è una resurrezione, che ispira molti verso il recupero fisico dopo mesi durissimi.
Sofia Goggia, nel suo calvario non ha patito solo le fitte nelle ossa spezzate
È tornata Sofia Goggia, nella sua amata discesa, con lo stile spericolato e la picchiata che sembra una sfida al cavallo meccanico cavalcato l’altro giorno a Denver. Sole accecante, appena 15 secondi in meno rispetto alla discesa maschile ma punte di velocità altissime. Una gara infinita, riservata a chi è veramente in forma.
(«Mi sono sentita compatita, mi ha dato fastidio. Le cose belle non sono facili»)
Si chiude un cerchio, da quando piombò la notizia che, allenandosi in gigante a Ponte di Legno, Sofia aveva inforcato con la gamba destra in una porta, e agli allenatori che si avvicinavano non aveva il coraggio di rivelare il disastro che aveva già intuito.
«Mi sentivo svenire per i dolori lancinanti» ha raccontato in questi mesi Sofia, che nel suo calvario non ha patito solo le fitte nelle ossa spezzate, ma anche l’inattività: «La differenza rispetto ad altri infortuni è stata nel dover per forza stare sei mesi ferma, addirittura 45 giorni senza camminare». Ma il suo secondo posto a Beaver Creek non è solo la storia di una resurrezione: è anche un trionfo del rischio calcolato e della strategia della campionessa olimpica nell’avvicinamento al suo rientro in Coppa.