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Vietato scrivere “Gesù ti ama” sulla fascia da capitano, in Inghilterra Guehi è diventato un caso politico

Rischia una multa dall’FA. Il padre, prete, ha chiamato in causa l’inno inglese che cita Dio. Il Telegraph: “Perché Morsy che si è rifiuta di indossare la fascia arcobaleno perché è musulmano non viene multato?”

Vietato scrivere “Gesù ti ama” sulla fascia da capitano, in Inghilterra Guehi è diventato un caso politico

In Premier è scoppiato un caso abbastanza surreale, che dal calcio si sta trasformando in una vicenda politica. Marc Guehi rischia la squalifica da parte della Football Association per aver scritto le parole “Gesù ti ama” sulla fascia arcobaleno da capitano, durante la partita contro l’Ipswich Town. Lo raccona il Telegraph.

La FA aveva ricordato al difensore del Crystal Palace e dell’Inghilterra “le sue responsabilità” dopo che aveva fatto la stessa cosa nella partita con il Newcastle. Per il regolamento non si può fare perché secondo loro quello è un uso politico della fascia, ed è vietato.

Ma è successo un putiferio. E’ entrato in gioco il padre di Guehi, John, che è un ministro della chiesa. Accusa la FA di usare doppi standard, sulla religione. Dice che il figlio è “cristiano devoto”, e che la FA non ha preso misure simili quando il capitano dell’Ipswich Sam Morsy si è rifiutato di indossare la fascia arcobaleno, che dovrebbe celebrare la comunità LGBTQ+, a causa delle sue convinzioni religiose.

Di più: Guehi senior ha incastrato la Federcalcio inglese citando nientemeno che l’inno nazionale, “God Save The King”: “La FA è felice che la folla canti God Save The King quando gioca l’Inghilterra, che menziona Dio e la religione. E sono felici di avere l’inno religioso Abide With Me durante la finale di coppa. Però poi se la prendono con mio figlio per aver espresso le sue convinzioni. Che senso ha? Cosa ha fatto di sbagliato esattamente? Questo paese è un paese cristiano, e ce ne ricordiamo quando entriamo in edifici pubblici che hanno lo stemma reale che riporta le parole Dieu et mon droit”. 

“Gesù amava tutti. Quindi, scrivendo ‘Amo Gesù’ sulla sua fascia, non vedo davvero cosa sia offensivo e qual è il problema. La comunità LGBT sta cercando di imporre agli altri ciò in cui credono. È una fede contro una fede, ma alla fine della giornata tutti hanno il diritto di avere un’opinione”.

Sulla questione si è buttato a capofitto Oliver Brown, il più conservatore degli editorialisti del Telegraph. Ovviamente parla anche lui di “doppi standard nel trattamento riservato a Marc Guehi del Crystal Palace e a Sam Morsy dell’Ipswich Town (il primo è un devoto cristiano e il secondo un musulmano praticante). Si lancia in una tirata contro l’inclusività e in generale contro il movimento LGBTQ+

Ma a suo modo – molto suo – centra un altro punto della questione: “l’ossessione dello sport per gli slogan”. “Francamente, il calcio non avrebbe mai dovuto intraprendere questa strada in primo luogo. Per più di 150 anni, è riuscito a cavarsela benissimo senza saltare sul carrozzone più vicino. Il padre di Guehi ha perfettamente ragione quando si lamenta che i giocatori vengono usati come portavoce . Ma il problema aggiuntivo è che vengono costretti a sostenere messaggi in cui non credono nemmeno. Gli organi di governo, nella loro ingenuità senza speranza, stanno chiedendo a Guehi, un cristiano che dice di cercare di incanalare la gloria di Dio attraverso il suo calcio, e a Morsy, un musulmano che osserva il Ramadan, di adottare esattamente la stessa prospettiva. Questa aspettativa di una visione del mondo omogenea è una maledizione del gioco moderno”.

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