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Vlahovic ha fatto bene, magari più calciatori facessero come lui. Basta col rito ipocrita della genuflessione

Ha trattato i tifosi da adulti ma non possono capire, vivono di bassi istinti e i media li rimpinzano delle pappine che gradiscono

Vlahovic ha fatto bene, magari più calciatori facessero come lui. Basta col rito ipocrita della genuflessione
Db Torino 14/12/2024 - campionato di calcio serie A / Juventus-Venezia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: esultanza gol Dusan Vlahovic

Vlahovic ha fatto bene. Benissimo. Finalmente un calciatore che si ribella a questo primitivo rito della genuflessione al tifoso che si sente in diritto di vomitare tutto il proprio fiele in nome di una mancata vittoria. È, al fondo, quella della genuflessione, il rito sacrale dell’ipocrisia. Denso di sensi di colpa. Sensi di colpa sociali. Un rito accettato perché che cosa vuoi che siano due minuti di insulti rispetto alla vita che abbiamo. Li facciamo contenti e amen. Tifosi trattati da idioti, come meritano di essere trattati peraltro.
Vlahovic si è sottratto. E quando al termine di Juve-Venezia 2-2, gli juventini sono andati “a chiedere scusa” alla curva (mah) e si sono beccati insulti e offese, Dusan ha reagito. Invece di rimanere lì a testa bassa, ha detto qualcosa, ha fatto qualche gesto. Non è chiaro. Ma ha reagito. Ha interrotto il circuito farsesco. E i tifosi, invece di ringraziarlo perché è stato l’unico che non li stava prendendo per i fondelli ma stava reagendo perché quegli insulti non li considerava giusti, lo hanno ricoperto di ulteriori offese.

È successo qualche altra volta. Se non ricordiamo male, lo fece l’interista Icardi. Situazioni simili in genere si concludono con lettere di scuse del calciatore. Perché il clima diventa impossibile. Da noi il tifoso ha sempre ragione. In realtà viene trattato da deficiente. Ma al tifoso sta bene così. Può dire tutto, in qualsiasi modo e in qualsiasi circostanza. Magari quelli che ieri sera insultavano erano gli stessi che avevano inneggiato all’arrivo di Thiago Motta. Che avevano applaudito e stappato al mercato di Giuntoli. Il tifoso nulla sa. E nulla vuole sapere. La sua è un’esistenza caratterizzata da bassi istinti.

Vlahovic ha trattato i tifosi da adulti

Poiché i tifosi e le tifoserie sono tutte uguali, a ogni latitudine – almeno in Italia –, con gli stessi slogan, gli stessi cori da nausea (“andate a lavorare”, “fuori i coglioni”) ci vorrebbe qualcuno che spiegasse loro che nello sport vince solo uno. Solo uno. Che il percorso che conduce alla vittoria è faticoso (FA-TI-CO-SO), tortuoso, abrasivo. Non sono le storielle che i media propinano. In una bellissima intervista al Foglio l’ex pallavolista Andrea Zorzi ha detto: «Lo sport non deve tradire la sua natura competitiva, non credo debba cambiare le sue regole, soprattutto la sua natura e missione, quella di stabilire un primo, un secondo, un terzo e via così. Cambiare questo vuol dire negare la competizione». Questo è lo sport.

Da noi la cultura sportiva è praticamente inesistente. È una lacuna di cui scontiamo quotidianamente le conseguenze. I tifosi sono purtroppo mantenuti in un brodo di ignoranza cui si abbeverano senza sosta: la fontana è sempre in funzione, H24. I tifosi rientrano nello schema narrativo dello sport italiano che poi è fondamentalmente il calcio. Tutta la narrazione è effettuata tenendo conto di questa porzione di uomini primitivi (con tutto il rispetto per gli uomini primitivi). All’estero non è affatto così. Non si scrive pensando che il pubblico sia costituito da rozzi.

In fin dei conti, Vlahovic si è ribellato a questo sistema. Ha voluto trattare i tifosi da adulti. Ma i tifosi non hanno gli strumenti per capire. E prima o poi il serbo sarà ricondotto alla ragione. “La grande pace”, comunicheranno entusiasti i media. The show must go on.

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