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Addio a Rino Tommasi grandissimo giornalista. Ora avrà un immacolato personalissimo cartellino

Si è spento a 90 anni, stroncato dal Parkinson. Stile statunitense, documentatissimo, non amava l’opinionismo. I suoi sport erano tennis e boxe

Addio a Rino Tommasi grandissimo giornalista. Ora avrà un immacolato personalissimo cartellino
Gianni Clerici e Rino Tommasi

Addio a Rino Tommasi grandissimo giornalista.

È morto Rino Tommasi grandissimo giornalista. A dare la notizia è UbiTennis il sito specializzato di tennis fondato da Ubaldo Scanagatta. Si è spento a 90 anni, stroncato dal Parkinson. Ha lavorato quarant’anni alla Gazzetta dello Sport. Noto al grande pubblico per le memorabili telecronache di tennis in coppia con Gianni Clerici e per le sue altrettanto indimenticabili telecronache di pugilato. Era un appassionato e uno studioso di entrambi gli sport. Documentatissimo, era refrattario all’opinionismo dilagante. Era un innovatore, introdusse la seconda voce nelle telecronache. Amava lo stile giornalistico statunitense. Fatti, nomi, cifre, statistiche (che da noi sono arrivate tardi). Amava dire che era stato campione universitario di tennis grazie allo scarso livello culturale del nostro Paese. Tommasi era legge. Ricordava tutto. Risultati, luoghi, incontri da tenere a mente. Era il motivo per cui si integrava alla perfezione con lo svagato (o apparentemente svagato) Gianni Clerici scomparso qualche anno fa.

In un ipotetico mix tra pugilato e tennis, diceva che Connors era il tennista che giocava con un stile paragonabile a quello di un pugile. Tante, tantissime le telecronache che ci hanno accompagnato. A ogni fine round ci aggiornava col punteggio che lui dava ai contendenti, “sul mio personalissimo cartellino”. Amiamo ricordare la cronaca dell’incontro tra Mugabi e Hagler. Match di una potenza e una intensità straordinarie. Tommasi non perdeva mai quel che stava accadendo. Mai. Era attentissimo. Professionale, diremmo oggi. In realtà lui avrebbe guardato quell’incontro anche da appassionato. Ha potuto farlo da giornalista. Aveva il rispetto sacrale per il mestiere di giornalista. Ha provato qualche incursione nel calcio, in tv a Mediaset. Ma non divenne mai un riferimento come per i suoi due sport. Il calcio in Italia è un intruglio di politica, potere, rapporti. Non faceva per Rino Tommasi. Lui sapeva fare “solo” il giornalista. E sapeva farlo divinamente.

A proposito di Rino Tommasi, scrive UbiTennis 

Nel corso degli anni ottanta Tommasi prese la decisione di introdurre nel panorama italiano delle telecronache sportive una novità abbastanza rivoluzionaria, ovvero la cosiddetta ‘seconda voce’, scegliendo la poesia scanzonata di Gianni Clerici come compagna di viaggio all’interno del mondo delle storie del circuito mondiale. Il tennis rappresentava la confezione perfetta per i dialoghi della coppia perché il tennis è un gioco che non viene scandito dal tempo del cronometro, perchè le pause del tennis accettano la fantasia delle parentesi. I due giornalisti, stuzzicandosi a vicenda, trasformarono la cronaca in un’altra cosa, la trasformarono nel piacere della compagnia, nel gusto dell’aneddoto, nell’impatto del neologismo giusto: il fascino del racconto era di conseguenza inversamente proporzionale alla vivacità della partita. La noia di un match banale lasciava infatti ancora più spazio al loro talento, e la sceneggiatura della telecronaca, che non esisteva, si evolveva nell’improvvisazione e nel colpo di scena, perchè la leggerezza non va necessariamente a braccetto con la superficialità: “Oh bongo, bongo, bongo stare bene solo al Congo non mi muovo no, no. Bingo, bango, bengo, molte scuse ma non vengo, io rimango qui.“

Tommasi aveva uno stile severo ma sarcastico, serio ma mai plateale, rispettava lo sport ma non lo sopravvalutava: ci ha insegnato a studiare i numeri ma anche a contestualizzarli, ci ha insegnato (insieme a Clerici, seppure partendo da punti di vista diversi) a guardare lo sport ma anche a guardarci intorno, perché ci sono delle cose più importanti. La sua autorevolezza era la conseguenza degli spigoli dell’onestà: se c’era da dire che un match era deludente, non si tirava indietro, “perchè non siamo qui a vendere i tappeti”. Un ragionamento apparentemente logico ma non del tutto scontato, specialmente in un’epoca in cui la cronaca sportiva stava mano a mano diventando sempre più volgare e sempre più sguaiata: quando qualsiasi momento viene descritto come sensazionale, non resta più niente di straordinario, quando ogni partita viene spacciata per un evento, diventa impossibile distinguere le partite preziose, quando ogni colpo vincente diventa il più bello del torneo, i circoletti rossi sbiadiscono.

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