Il suo Napoli è robusto e imprevedibile. Non solo ha dato un’anima alla squadra ma la sta guidando in più direzioni anche le più sorprendenti
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Una masterclass di Antonio Conte (e gli errori di Palladino)
Il Napoli entra nel 2025 mettendo un timbro sotto un certificato che già possedeva. Quello che attestava la bravura assoluta, i meriti enormi, si può dire anche la grandezza, di Antonio Conte. A Firenze, l’allenatore azzurro ha messo in scena una vera e propria masterclass tattica, sia con le scelte iniziali che con le sue letture a partita in corso. È stato aiutato anche da Palladino, che come vedremo ha fatto un po’ di valutazioni errate e di confusione. Ma le difficoltà della Fiorentina e del suo tecnico non tolgono niente al capolavoro di Conte. Che ha conquistato una vittoria larghissima su un campo difficile, l’ha fatto subendo pochissimo e ovviando con tutta una serie di intuizioni brillanti ai problemi di formazione avuti negli ultimi giorni, nelle ultime ore.
È per via di questi problemi che Fiorentina-Napoli è iniziata in modo sorprendente. Ovvero con delle scelte di formazione – e quindi tattiche – che non ci aspettavamo. Che erano state solo annunciate con una certa cautela prima della partita, ma che poi alla fine si sono manifestate davvero in campo. Stiamo parlando, lato Napoli, dell’inserimento di Spinazzola al posto di Kvaratskhelia. Lato Fiorentina, invece, Palladino ha fatto una vera e propria inversione a U: dopo aver rivitalizzato la squadra viola con il passaggio alla difesa a quattro, ha deciso di ripristinare la difesa a tre con cui aveva iniziato (male) la stagione.
L’ex tecnico del Monza ha schierato Moreno, Comuzzo e Ranieri davanti a De Gea, con Dodò e Parisi esterni a tutta fascia. Il brasiliano ha interpretato il ruolo in modo decisamente più offensivo rispetto a Parisi, quindi in realtà la Fiorentina ha utilizzato una difesa a cinque – in fase di non possesso – asimmetrica. Il doble pivote a centrocampo era formato da Adli e Mandragora, mentre Beltrán e Sottil agivano alle spalle di Kean.
Due frame in cui si vede chiaramente il 3-4-2-1 asimmetrico della Fiorentina, con Dodò che interpreta il gioco in modo più offensivo rispetto a Parisi
Proviamo a interpretare le idee di Palladino: forse il tecnico viola voleva difendere sul tridente del Napoli in parità numerica, con Comuzzo aggrappato – metaforicamente, o forse no – ai calzoncini di Lukaku. E con due braccetti e due esterni a tutta fascia pronti a gestire i giochi della squadra di Conte sulle fasce laterali. In questo modo, però, la Fiorentina si è ritrovata con un uomo in meno a centrocampo: una scelta che non ha pagato, anche perché il Napoli – chissà, forse Conte se lo sentiva – ha approntato un piano-partita mai visto prima. Perché Spinazzola in effetti ha sostituito Kvaratskhelia, ma l’ha fatto a modo suo: ragionando e muovendosi come centrocampista laterale, non come esterno offensivo. Quali sono le differenze? Una per tutte: gli spazi di campo in cui ha effettivamente giocato:
Le heatmap di Spinazzola e David Neres, tratte da Sofascore
In questo modo anche il Napoli si è disposto in campo in modo asimmetrico: in fase di possesso, il modulo degli azzurri somigliava più a un 4-5-1/4-4-2 sghembo, con David Neres larghissimo e più avanzato a destra, con Spinazzola sulla linea dei centrocampisti a garantire ampiezza sull’altro lato. In questo modo, il Napoli ha determinato una maggiore densità in fase di costruzione sulla fascia sinistra: non a caso, viene da dire, Olivera ha chiuso il primo tempo con 58 palloni giocati, 17 di più rispetto a Di Lorenzo. Per contrappasso, inevitabilmente, i giocatori azzurri schierati sulla destra hanno avuto maggiore libertà, spazi un po’ più larghi per venire a giocare il pallone.
Il gol di David Neres (e la solidità)
Esatto, ci siamo arrivati passo passo: il gol di David Neres arriva proprio grazie alla dinamica che abbiamo appena descritto. E si origina dopo un ribaltamento del fronte d’attacco da sinistra a destra. Con Di Lorenzo che pensa e che si muove prima da terzino bloccato e poi da mezzala, con l’esterno brasiliano che si fa dare il pallone sui piedi e poi lo imbuca velocemente in verticale, verso il pivot-Lukaku. Nello stesso momento, si vede chiaramente nel video che trovate sotto, Anguissa slabbra la difesa della Fiorentina con un inserimento lungo, così crea lo spazio a Neres. E a quel punto i giocatori di Palladino sono costretti ad affrontare l’attaccante del Napoli occhi negli occhi, con duelli uno contro uno. La peggior situazione possibile, contro un giocatore del genere:
Un gran gol, non c’è che dire
Poi certo, ci vogliono tecnica, velocità e forza fisica per pensare e portare a termine una serpentina del genere. Per scoccare un tiro del genere. Ma l’azione personale di Neres nasce perché il Napoli ha saputo costruire i presupposti tattici giusti. E l’ha fatto, come detto, partendo da scelte contro-intuitive – Spinazzola al posto di Kvara – e poi interpretando perfettamente le mosse tattiche di Palladino. Nel frattempo, l’allenatore della Fiorentina non ha ottenuto praticamente niente, in fase offensiva, dal suo cambio di modulo: l’unico tiro in porta della squadra viola, quello di Mandragora ben contenuto da Meret, è arrivato da fuori area; anche le altre 2 conclusioni non respinte sono state tentate da fuori, poi da segnalare c’è soltanto un colpo di testa di Dodò dall’interno dell’area di rigore. Dodò che, ricordiamolo, è alto 166 centimetri.
Ecco, questo è l’aspetto tattico più interessante e più importante, anche più del gol di Neres: il Napoli è una squadra terribilmente solida. Difficilissima da scalfire. Sì, qualcuno potrà obiettare che Kean avrebbe anche trovato il pareggio, se non fosse stato per uno stop fatto anche con il braccio. Ma stoppare la palla con un braccio è fallo, e poi in ogni caso quello sarebbe stato l’unico tiro pericoloso concesso dagli azzurri dall’interno dell’area di rigore, se guardiamo ai primi 45′.
In tutte le altre azioni potenzialmente pericolose, Rrahmani e Juan Jesus si sono sempre fatti trovare pronti, in posizione perfetta. Così come i loro compagni. Tutti, dal primo all’ultimo. In questo senso, per dire, basti pensare che tutti i calciatori che Conte ha mandato in campo a Firenze, escluso Lukaku, hanno messo insieme almeno 2 eventi difensivi tra contrasti, passaggi intercettati, palloni spazzati e tiri respinti. Anche David Neres e Spinazzola.
Qualità offensiva (e Frank Anguissa, e Scott McTominay)
Questa grande applicazione difensiva, però, non impedisce al Napoli di proporre un gioco offensivo ricercato e gradevole. Del gol di Neres abbiamo già parlato, ma tra il quarto d’ora e la rete dell’1-0 la squadra di Conte ha letteralmente schiacciato la Fiorentina nella sua metà campo. Sembrava di assistere a un match di pugilato, gli azzurri hanno messo i viola alle corde e hanno continuato a colpire fin quando non li hanno mandati ko. Anche in questo caso ci sono dati piuttosto interessanti da snocciolare: tra il minuto 15′ e il minuto 32′, il Napoli ha messo insieme il 74% di possesso palla, 4 tiri verso la porta di De Gea (2 sono finiti nello specchio), 5 dribbling tentati e 2 riusciti, 8 duelli aerei vinti (contro i 5 della Fiorentina) e una precisione dei passaggi dell’88%.
Una squadra che riesce a esercitare e a concretizzare questo dominio ha qualità importanti. Anche e soprattutto offensive. E ha anche i meccanismi per sfruttarle. Nel caso del Napoli, si tratta di un mix – sempre più puntuale, sempre più gustoso – di tecnica, di atletismo, di intelligenza ed esperienza. Poi certo, la Fiorentina ha agevolato gli azzurri commettendo errori capitali: i gol dello 0-2 e dello 0-3 sono nati da due palle perse – da Moreno e da Dodò – e da un fallo molto ingenuo commesso dentro l’area di rigore. Ma in ogni caso il pressing e le transizioni palla al piede di Anguissa sono un fattore. Così come il perfetto tempo di inserimento di McTominay.
In alto, tutti i palloni giocati da Anguissa durante Fiorentina-Napoli; sopra, tutti i tocchi di McTominay.
A questo punto, permetteteci una brevissima digressione sulle due mezzali del Napoli. Che a Firenze, ma in generale fin da quando hanno preso possesso del centrocampo azzurro, hanno dimostrato di aderire perfettamente al (nuovo) gioco di Conte. Come si vede chiaramente anche dagli screen appena sopra, sia Anguissa che McTominay hanno un’ampia libertà di lettura, di movimento, di inserimento. Davanti a Lobotka, e in perenne connessione con gli esterni offensivi, entrambi offrono una grande varietà di soluzioni.
Prima, quando abbiamo parlato del gol di Neres, abbiamo visto come e quanto possa essere importante un inserimento di Anguissa. Anche McTominay può garantire un impatto di questo tipo, e il punto è proprio questo: per la Fiorentina, così come per qualsiasi altro avversario, è difficilissimo difendere contro due giocatori del genere. Che, per altro, si scambiano continuamente la posizione, i compiti, oltre che il pallone. E poi stiamo parlando di due calciatori di enorme prestanza fisica, che in fase difensiva raramente perdono un duello fisico. Come Olivera, come Rrahmani. È questa l’anima della squadra di Conte: robustezza e imprevedibilità.
L’unico sbandamento
Quando Palladino ha chiamato i primi due cambi (Gosens per Parisi e Colpani per Moreno), con conseguente ritorno al 4-2-3-1, è stato l’unico momento in cui il Napoli ha sbandato un attimo. Merito anche dell’aggressività della Fiorentina, che all’improvviso si è ritrovata con due esterni per lato e con la possibilità di portare cinque uomini in area di rigore. Così è nata l’unica (doppia) occasione vera costruita dalla squadra viola nella ripresa, al tiro prima con Mandragora e poi con Beltrán. Solo che Meret e Rrahmani sono stati (ancora una volta) strepitosi nel chiudere ogni spiraglio.
Sei giocatori in area di rigore
Sette minuti dopo la parata di Meret e la deviazione decisiva di Rrahmani, il Napoli era già sul 3-0. E l’unico tiro vero della Fiorentina, dopo che i viola avevano subito il terzo gol, è stato scoccato da Sottil, ancora da fuori area. Stop, fine delle trasmissioni. E quindi si può dire: al Napoli di Conte è bastato serrare i ranghi – senza nemmeno fare delle sostituzioni, ma solo arretrando di qualche metro Spinazzola – per venire a capo del nuovo sistema degli avversari. Questo ulteriore cambiamento, però, non ha fatto abbassare l’intensità difensiva alla squadra azzurra. Anzi, il gol di McTominay nasce da un’azione di pressing piuttosto aggressiva, con Anguissa che va ad attaccare Dodò nonostante ci fossero cinque giocatori di movimento oltre la linea del pallone.
Un tempo si diceva: il centrocampista arriva a rimprchio
Ecco, queste sono immagini potenti. Al di là delle brutte giocate di Dodò e poi di Comuzzo, in quello che fa Anguissa – la pressione sull’avversario, la falcata palla al piede, la scansione dell’area di rigore prima di tentare il cross – c’è tutto il lavoro di ricostruzione fatto da Conte. Che ha operato a livello innanzitutto tattico, ed è così che ha ridato anche serenità e tranquillità a un gruppo di valore, questo è indubbio, ma che aveva bisogno di una guida forte per potersi esprimere ai massimi livelli. E Conte ha scelto la strada migliore – nonché quella che conosce meglio – per rimettere ordine nel caos: partire dalla solidità difensiva, dalla fisicità debordante dei vecchi e dei nuovi giocatori azzurri, per costruire una squadra difficilissima da perforare e che può perforare qualsiasi avversario in qualsiasi momento.
Conclusioni
I 44 punti con soli 12 gol subiti alla fine del girone d’andata, al di là del primo posto virtuale in attesa dei recuperi dell’Inter, confermano tutte queste sensazioni. Ci dicono, cioè, che il Napoli è una squadra di ottimo livello, sia a livello di individualità che di possibili incastri tattici. Ci dicono che Conte ha saputo trovare le chiavi giuste per rivitalizzare dei calciatori e un ambiente che sembravano essersi attorcigliati su se stessi. E il bello è che queste chiavi non sono tutte assimilabili alla storia tattica dell’allenatore salentino: col Venezia e a Firenze è ricominciato un percorso di sperimentazione che sta ampliando le soluzioni a disposizione del Napoli. E, di conseguenza, determinerà delle difficoltà negli allenatori che dovranno affrontare la squadra azzurra.
Per dirla in modo semplice e banale: se fino a tre o quattro partite fa, una squadra che affrontava il Napoli doveva preoccuparsi soprattutto della verve creativa di Kvaratskhelia, adesso dovrà pensare a come fermare anche David Neres. E a McTominay che si inserisce, e a Lukaku che sta tornando a livelli fisici quantomeno accettabili. Per non parlare di Raspadori che può entrare dalla panchina, di Spinazzola che può cambiare l’assetto degli azzurri in due o tre modi diversi a seconda di dove viene inserito. E non dimentichiamo che Conte, per la gara di Firenze, ha dovuto fare a meno anche di Buongiorno e Politano. Due uomini-simbolo della prima parte di stagione.
Insomma, il Napoli ha ancora margini di crescita molto significativi. Forse non sarà al livello di Inter e Atalanta per qualità complessiva e profondità della rosa, ma sta dimostrando di poter rivaleggiare con certe squadre. Perché ha un roster ampio e non ancora sfruttato appieno, perché ha un allenatore che ha dato un’anima alla squadra e sta andando in tante direzioni diverse, anche le più inaspettate e sorprendenti, per farla migliorare ancora. Non è poco, non è scontato. Non lo è mai.