Si chiama Eamon Devlin, ed ha come clienti anche quattro club di Champions. Al Paìs: “I giocatori non vogliono discorsi, e anche la tattica e l’ultimo dei problemi”
A fine ottobre, Carlo Ancelotti è stato fotografato a Valdebebas insieme a un ex avvocato nordirlandese di 46 anni e a un gufo di peluche che quest’ultimo gli aveva appena regalato. Quell’uomo si chiama Eamon Devlin e offre consulenze su un aspetto molto specifico del calcio: i discorsi motivazionali nell’intervallo. Sì, esatto: c’è uno specialista di intervalli, nel calcio.
El Paìs racconta che Devlin ha studiato tutti i migliori allenatori per arrivare alla conclusione che durante l’intervallo quasi tutto viene fatto male: troppa tensione, caos e un eccesso di parole. “La conversazione dell’intervallo dura in media cinque minuti e mezzo, circa 770 parole. Chiediamo agli allenatori: ‘Ricordi cosa hai detto? Se non lo ricordi tu, come possono ricordarlo i giocatori?’”.
Ha tra i suoi clienti anche quattro club che fanno la Champions, e comunque squadre in Inghilterra, Germania, Italia e Spagna. Questa strana specializzazione – spiega il giornale spagnolo – è nata con sua figlia Zoe, che nel 2021, a 10 anni, giocava in una squadra di calcio a Zurigo. All’epoca, Devlin lavorava come avvocato presso MJ Hudson, uno studio legale quotato alla Borsa di Londra di cui era cofondatore. “La sua squadra perdeva sempre, 6-0, 10-0, perfino 19-0. E più perdevano, più gli allenatori parlavano, arrabbiandosi sempre di più. Dopo una sconfitta per 24-0, ho cronometrato: nove minuti di discorso. Tornando a casa, mia figlia mi ha detto: smetto. Posso accettare di perdere, anche di essere umiliata, ma non sopporto che gli allenatori mi facciano sentire triste. E ha smesso. Ho pensato: è assurdo, deve esserci un altro modo di comunicare con i giocatori”.
Devlin ritiene anche controproducente l’estrema tensione che caratterizza l’intervallo: “È un momento di enorme pressione. Situazioni simili si trovano nelle emergenze ospedaliere o nelle torri di controllo del traffico aereo, dove si usano protocolli e un linguaggio calmo, mai alterato. La comunicazione efficace non include rabbia”.
Quando lavora con un club, inizia osservando l’allenatore, analizzando le sue dinamiche e intervistando i giocatori. “Gli allenatori pensano che i cambi tattici siano la cosa più importante nell’intervallo. Ma se chiedi ai giocatori, ti diranno: cibo, acqua, riposo, sentirsi al sicuro, stare con i compagni, e solo dopo i cambi tattici”.
Devlin, che ha studiato psicologia dopo aver lasciato lo studio legale durante una crisi personale, sostiene che gli allenatori dovrebbero iniziare guardando il primo tempo dalla tribuna, come nel rugby. “Trovami un giocatore che ama sentirsi urlare addosso dal bordo campo. Un terzino inglese mi ha detto che gioca meglio nella metà campo opposta a quella dell’allenatore”.
I giocatori secondo lui dovrebbero rilassarsi, magari usando il cellulare. “Quando il tecnico entra, di solito smettono di parlare. Ma il feedback più prezioso viene da un compagno, non dall’allenatore”.
Durante le sue consulenze di due giorni, Devlin offre anche consigli su abbigliamento e rituali, come cambiare i calzettoni per resettare la mente dei giocatori. In sintesi: meno parole, più ordine. E, a volte, un gufo di peluche per gli allenatori, il cui significato Devlin tiene segreto per via di accordi di riservatezza.