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Le uscite di scena dei campioni amati sono sempre complicate, accadde persino con Maradona

Siamo i primi a trattare male i nostri cosiddetti beniamini quando perdono colpi. Succede in ogni piazza. Ma sul punto è meglio dar retta a Özpetek: l’intensità di un incontro che fa una storia

Le uscite di scena dei campioni amati sono sempre complicate, accadde persino con Maradona

“Allez Paris “dice K’varatskhelia sulla pagina social del PSG. Il numero 77 s’è “asciugato” in 7. Del resto Zola l’aveva (pre)detto in tempi mai sospetti alla Gazzetta che Khvicha assomigliasse a George Best. Nei dintorni del Vesuvio, ci sta, non l’hanno presa bene. Gli scrittori di fama lo paragonano addirittura a un bel cassettone. E a piazza Cavour la sagoma del talento georgiano, miglior calciatore assoluto in Serie A del 2023, finisce nei cassonetti dell’immondizia. Il turismo urbano da bar, dunque, perde un pezzo. Lui, dentro ai suoi 23 anni, fa visita notturna al “santuario” di Diego di via De Deo ai Quartieri Spagnoli. Congedandosi in perfetto stile “newpolitano” come in una canzone di Tropico e Liberato, di quelle in voga tra i ragazzi. I titoli potrebbero sprecarsi: da “Che m’e lassato a ffa” fino a “Me staje appennenne amo’”.

Eppure la maggior parte dei tifosi che oggi s’incazza nei commenti a buon mercato su Instagram e TikTok nemmeno c’era quando proprio Maradona giocava l’ultimo match in casa col Bari. Regalando l’assist vincente a Gianfranco di cui sopra che segnò di testa. Italo Kühne nel servizio Rai de “La Domenica sportiva” gli chiese persino se potesse giocare (“alla Altafini”) solo gli ultimi venti minuti partendo dalla panchina. I cinquantamila del pubblico, del resto, avevano fischiato tutta la partita. Il Napoli con lo scudetto sul petto dei Campioni d’Italia stava a mezza classifica. Così, dopo qualche ora accadde quel che tutti sanno. La Sampdoria a Genova con un rigore comunque segnato, l’antidoping, l’uscita di scena da Posillipo quasi silenziosa.

I calciatori, la maglia, la prosopopea un po’ infantile di noi tutti ci fa dimenticare quel minimo di empatia verso gli altri. Siamo i primi a trattare male i nostri cosiddetti beniamini quando perdono colpi. Succede in ogni piazza. Nessuna esclusa. Fa parte di una legge crudele dello sport che vive l’istante. Somiglia al sesso. De André direbbe che «poi la voglia svanisce e il figlio rimane». Vai a capire, allora, tra presidenti, procuratori e allenatori dove sta la verità. Si racconta di Falcão, l’ottavo re di Roma, bloccato addirittura da Giulio Andreotti mentre scappava a Milano dall’Inter. Lo stesso Corrado Ferlaino, sovente, si proclamò “carceriere” del piu forte campione di sempre. E Antonio Conte (che ha riportato la concreta speranza per il quarto titolo della Storia) lasciava Eriksen tra le riserve per far giocare Gagliardini. Anche nelle finali europee. Forse «un congedo opportuno lascia dietro una porta sempre aperta». In molte città europee (Italia compresa) i giocatori tifano allo stadio le partite di cartello delle loro ex squadre. Perché parafrasando un film recente di Ferzan Özpetek «non è il quanto, è il come, l’intensità di un incontro che fa una storia». In bocca al lupo a te e… a noi, Kvicha!

p.s. “Non esiste amore a Napoli” è una bugia di chi ti vuole bene.

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