Ogni settimana si vede un tassello nuovo. Oltre al sacrificio e alla tenuta mentale c’è un lavoro teso alla ricerca di nuove soluzioni. Sul mercato, l’uomo giusto è Dorgu
Il Napoli in movimento
Ci sono tante conferme sul fatto che il Napoli stia cambiando pelle. Qualcuno in questo momento starà pensando alla saga di mercato relativa a Khvicha Kvaratskhelia, ed è inevitabile. Ma quello è solo uno dei tanti aspetti su cui gli azzurri stanno lavorando, su cui sono in movimento. La sfida col Verona, infatti, ha mostrato – e dimostrato – come Antonio Conte stia continuando a sperimentare, a cercare di far evolvere la sua squadra. Ed è un discorso che parte dalla tattica individuale, cioè dai movimenti e dalle attribuzioni dei singoli giocatori, e poi investe a cascata tutto il sistema degli azzurri. Su queste dinamiche incide anche l’inevitabile adattamento a un nuovo contesto, a un Napoli senza Kvara. Anche in questo senso, però, il match vinto in scioltezza contro l’Hellas ha fornito delle rassicurazioni molto significative. Molto promettenti, in vista del mese e dei mesi che verranno.
Ma cominciamo dal riesame e dall’analisi della partita, poi andremo per punti: il Napoli è sceso in campo con l’ormai collaudato 4-3-3, solo che questa volta lo schema disegnato da Conte è stato ancora più liquido del solito. In fase offensiva, infatti, la squadra azzurra si è disposta con un sistema che esplorava tutto lo spettro tra il 3-4-3 asimmetrico, il 3-6-1 e il 2-5-3. E gli uomini-cuneo tra queste disposizioni erano i due laterali bassi, Di Lorenzo e Spinazzola.
In alto, il Napoli imposta con la difesa a due, con Di Lorenzo mezzala e Anguissa che diventa laterale a tutta fascia. Nel frame di mezzo, gli azzurri costruiscono con tre difensori (Spinazzola è il braccetto di sinistra), con Politano larghissimo a destra e Neres larghissimo a sinistra: una sorta di 3-6-1. Sopra, invece, vediamo un 3-4-3 asimmetrico con McTominay sulla stessa linea di Lukaku e David Neres.
Mentre Di Lorenzo, come si vede da questi screen, ha giocato in costante proiezione offensiva (però da mezzala e non da esterno: ne parleremo tra poco), Spinazzola si è mosso in maniera diversa: in fase di costruzione, ha alternato la posizione di braccetto a quella di laterale puro, ovviamente però con licenza di sovrapporsi anche internamente dal lato di David Neres. Il Verona, da parte sua, ha iniziato la partita schierandosi con un 3-4-1-2/5-3-2 e manifestando velleità di pressing a tutto campo, poi l’ottima fluidità del Napoli – sia dal punto di vista posizionale, ma anche nel controllo e nella trasmissione del pallone – ha suggerito a Zanetti di limare un po’ questo concetto. Di abbassare l’intensità e provare a difendersi in maniera più accorta, meno ambiziosa.
Non è servito, perché il Napoli era particolarmente ispirato. E così, in appena mezz’ora di gioco, gli azzurri hanno costruito, nell’ordine: il gol del vantaggio firmato da Di Lorenzo (anche se ufficialmente è autogol di Montipò), due tiri da pochi metri (prima Anguissa, poi McTominay) finiti alti e altre 2 conclusioni dal limite o dall’interno dell’area di rigore del Verona. A tutte queste occasioni va aggiunto il tiro a giro di Lukaku dopo uno schema su punizione. Dall’altra parte, il Verona è riuscito a imbastire una sola azione vera: quella che ha portato al colpo di testa (appena fuori, per altro) di Tengstedt.
Di Lorenzo mezzala
Il gol di Di Lorenzo, lo diciamo subito e poi dopo lo spiegheremo alla luce delle evidenze tattiche, nasce da una nuova/vecchia invenzione di Conte. L’abbiamo già anticipata: lo sfruttamento intensivo dei movimenti per tracce interne del capitano azzurro. Che, di fatto, ha giocato da mezzala in fase offensiva. In questo senso, andiamo in ordine cronologico e partiamo dal gol segnato dopo appena 4 minuti e rotti di gioco:
Tra l’altro è un gol davvero bello, anche dal punto di vista puramente tecnico
L’azione viene avviata proprio Di Lorenzo, che poi si lancia in avanti proprio come se fosse un interno di centrocampo. La rotazione conseguente porta Anguissa a impostare e a supportare la manovra come terzino, mentre Politano riceve larghissimo. A quel punto, Di Lorenzo ragiona come seconda punta e scambia il pallone con Lukaku, sfruttato come muretto (nel basket si direbbe per il gioco in post basso, o come pivot) e per aprirsi la luce verso la porta – tra l’altro, il centravanti belga fa da sponda anche sul primo passaggio in verticale. Il pallone calciato a giro, per altro di sinistro, colpisce il corpo di Montipò dopo averlo superato e colpito il palo interno.
I movimenti e i meccanismi che hanno determinato questa rete si sono susseguiti in maniera ciclica per tutta la partita. A dirlo sono le statistiche ma anche le evidenze visive: Di Lorenzo, lo vedete sotto, ha toccato tantissimi palloni nel mezzo spazio di centro-destra. Talvolta è andato a farsi vedere anche in altre zone di campo, persino sull’altra fascia.
Nei primi due frame, Di Lorenzo si muove come mezzala di centrocampo. Sopra, invece, vedete la mappa di tutti i palloni toccati dal capitano del Napoli durante la partita contro il Verona.
In questo modo, grazie a questa intuizione tattica, Conte ha destrutturato in pochi minuti di gioco il sistema di marcature a uomo predisposto da Zanetti, ha trovato il gol del vantaggio (che non è mai una cosa banale) e ha continuato a muovere il pallone in modo imprevedibile quando il Napoli costruiva sulla destra. Certo, il fatto che questo meccanismo sia stato attuato e forzato proprio da quel lato non è per niente casuale, nel senso che è legato al dinamismo e al (nuovo) gioco di Politano. L’esterno ex Inter e Sassuolo, infatti, è ormai un perfetto interprete dal ruolo di laterale a tutta fascia. Come vedremo tra poco, è costantemente retrocesso per guardare le spalle a Di Lorenzo. Ma anche per dare manforte in fase difensiva.
Il ritorno della difesa a cinque e una strepitosa condizione fisica
Proprio il movimento a pendolo di Politano ha determinato un ulteriore cambiamento nel gioco del Napoli, almeno rispetto alle ultime settimane. Conte, infatti, dopo un momento di cristallizzazione sul 4-3-3/4-5-1 ha rispolverato la cara vecchia difesa a cinque. Come detto, l’uomo-cuneo per questo passaggio è stato Politano: soprattutto nel secondo tempo, gli azzurri si sono schierati con cinque difensori – da destra a sinistra: Politano, Di Lorenzo, Rrahmani, Juan Jesus e Spinazzola – in linea quando era il Verona a costruire gioco.
La difesa a cinque e tutti i giocatori del Napoli dietro la linea del pallone
Guardando bene questi frame, questi momenti di gioco, si nota anche un altro aspetto molto importante: la predisposizione al sacrificio di tutti i giocatori del Napoli, sostenuta ovviamente da una strepitosa condizione fisica. La capacità di rientrare/rinculare verso il proprio campo difensivo, di farlo in modo così fluido, continuo ed efficace, è il vero segreto di questo Napoli. Che, bisogna dirlo, continua a essere una squadra dalla solidità impressionante: come detto, nella prima mezz’ora il Verona ha messo insieme un solo tiro tentato verso la porta di Meret.
Se guardiamo al resto della gara, le cifre restano bassissime: nel primo tempo, i giocatori dell’Hellas sono riusciti a costruire solo un’altra conclusione, quella di Tengstedt (splendidamente) contenuta da Rrahmani in scivolata. Nella ripresa, i giocatori di Zanetti hanno messo insieme 4 conclusioni complessive, 3 da fuori area e 2 finite nello specchio della porta. Ma Meret si è fatto trovare sempre pronto.
Anche i numeri complessivi, cioè quelli relativi all’intera stagione, sono in linea con quelli venuti fuori da Napoli-Verona. Quella contro i gialloblu all’andata, per dire, è stata la penultima partita di Serie A in cui il Napoli abbia subito più di due gol (l’altra è stata Napoli-Atalanta 0-3). Se togliamo queste sei reti incassate in due gare, il computo totale dice che la squadra di Conte ha subito 6 gol in 18 partite. E in 12 di queste 18 partite è rimasta con la porta inviolata.
Infine, se siete amanti delle statistiche avanzate, sappiate che pure quelle dicono che il Napoli di Conte è una squadra a cui è difficilissimo fare gol, che raramente concede occasioni davvero pericolose alle sue avversarie: in 20 gare di campionato, secondo le rilevazioni di Understats, gli azzurri hanno “subito” 16,66 gol attesi (xG). È la seconda quota più bassa della Serie A dopo quella della Juve di Thiago Motta (14,10), che però costituisce un’assoluta anomalia statistica.
Partire dalle fondamenta, costruire una cattedrale
Come ha scritto Massimiliano Gallo nel suo commento postpartita, Conte ha ricostruito il Napoli partendo dalla fase difensiva. Dalle fondamenta, viene da dire. Ma su quel lavoro, questo va aggiunto, sta provando a edificare una cattedrale. Che, in quanto tale, contempla – anzi: richiede, pretende – un enorme lavoro anche in tante altre direzioni. Della tenuta fisica abbiamo parlato, quella mentale è sotto gli occhi di tutti. Napoli-Verona, però, ci ha detto pure che quella di Conte è una squadra in evoluzione, in movimento, in crescita, anche dal punto di vista offensivo. Perché Di Lorenzo (stabilmente) mezzala è un esperimento interessante. Perché anche quello di Anguissa, al netto della gran botta – per usare un eufemismo – indovinata dal centrocampista camerunese, è un gol molto tattico:
Anche il dribbling subito prima del tiro è una gran giocata
Come si vede chiaramente dai primi frame di questo video, il Napoli si trova nel bel mezzo di una fase di attacco intensivo: il Verona è tutto schiacciato nella sua metà campo, Juan Jesus e Rrahmani sono gli ultimi due uomini della squadra azzurra e scambiano palla al di là del centrocampo. Davanti a loro, Di Lorenzo pensa e si muove come mezzala (ancora) ed è proprio lui ad avviare il gioco a tre sulla destra con Anguissa e Politano. Poi, però, ecco che si manifesta il fattore-Lukaku: esattamente come avvenuto in occasione del gol di Di Lorenzo, il centravanti belga prende posizione al limite dell’area, chiama letteralmente l’uno-due volante al compagno e chiude il triangolo mentre sente il corpo del suo marcatore diretto – quasi sfruttandolo a suo vantaggio, come appoggio. A riempire l’area per un eventuale ulteriore scarico, incredibile ma vero, ci sono (ancora, sempre) Di Lorenzo e McTominay.
Ecco, questa fluidità e l’efficacia palesata dal Napoli sono una grande notizia, in vista del futuro. Significa che, come detto in precedenza, Conte ha lavorato (anche) sul gioco offensivo della sua squadra mentre la rendeva un fortino praticamente inespugnabile. In questo senso, la crescita (fisica e statistica) degli stessi Lukaku e Anguissa, l’esplosione ormai certificata di Neres e la continuità garantita da McTomonay sono degli indizi importanti. Per il Napoli, per gli avversari del Napoli
E ce ne sono anche altri. Un esempio su tutti: l’ingresso di Raspadori, Simeone e Ngonge, nel finale, ha determinato il passaggio a quel 4-2-3-1 su cui Conte lavora da settimane. Lo stesso 4-2-3-1 che, lo ricorderete, ha permesso al Napoli di venire a capo della difficile partita contro il Venezia. Ecco, anche i pochi minuti con questo sistema sono un segnale, ci dicono che il tecnico azzurro vuole fare e sta facendo esperimenti in chiave offensiva per rendere meno prevedibile il Napoli. E chissà, anche per verificare quali sono i margini per supplire all’addio di Kvaratskhelia con risorse interne.
Conclusioni (con un po’ di mercato)
Chi scrive ha deciso di relegare alla fine dell’analisi ogni considerazione – tattica, tecnica, non collegata alle dinamiche di mercato – sul caso-Kvaratskhelia. Dal punto di vista puramente strategico, con la promozione di Neres a titolare e con le nuove dinamiche che abbiamo approfondito nelle righe precedenti, Conte e quindi il Napoli sono già un passo avanti rispetto a quanto sta succedendo tra l’attaccante georgiano, il suo entourage e il club di De Laurentiis. La rosa azzurra, in attacco, è abbastanza profonda per assorbire bene l’addio del numero 77: dopotutto, oltre a Politano e Neres, anche Ngonge, Spinazzola e – in casi estremi – Raspadori possono essere utilizzati come laterali offensivi.
E allora forse il Napoli farebbe bene a lavorare in due direzioni e a guardare verso il futuro. Come? Con l’acquisto/inserimento di un centrocampista giovane e tecnico e di un esterno – sempre giovane, naturalmente – in grado di sostituire numericamente Kvara, ma anche di interpretare più ruoli. Per quest’ultima figura, non ci sono dubbi: Patrick Dorgu sarebbe l’innesto giusto, nel 4-3-3/5-3-2 fluido di Conte potrebbe essere un perfetto vice-Neres, un perfetto vice-Politano, ma anche un’alternativa più offensiva a Di Lorenzo, Olivera, Spinazzola. Certo, le eventuali occasioni sul mercato degli esterni offensivi – Chiesa, Garnacho, Zhergova – potrebbero cambiare le carte in tavola. Ma in realtà la tavola azzurra è già apparecchiata. E il fatto che Conte straveda per Dorgu, come dire, non è un caso.