Al Corsport: «il calcio è fatto di conoscenza diretta, gli algoritmi sono di supporto. Conte è un martello, inquadra squadra e prospettive in meno di un secondo»

Ranieri: «Alla tattica si è dato troppo peso, troppo. Il calcio è semplice»
Claudio Ranieri nella conversazione con Ivan Zazzaroni direttore del Corriere dello Sport.
Quando allenavi all’estero eri considerato il meno italiano degli Italians perché puntavi pochissimo sulla tattica.
«Non amo le gabbie mentali, provo sempre ad aprirle».
Qui non servono spiegazioni.
«Ho girato il mondo, allenato dappertutto, da noi c’è sempre stata troppa tattica, giocatori ingabbiati, talenti frenati e spettacolo depresso. Le cose sono cambiate con la globalizzazione del calcio. Calcio globalizzato, non evoluto. Più informazioni per tutti e più omologazione. D’accordo sull’organizzazione difensiva, sulla personalizzazione dei compiti, ma poi in campo ci vanno loro. Che devono sentirsi bene e giocare con naturalezza, come sanno. Cosa vuoi che si possa dire a gente come Dybala, Del Piero, Totti? Ma anche a Hummels, Paredes, Pirlo, Lampard, ti butto lì un po’ di nomi».
Più stratega e psicologo che tattico.
«Alla tattica si è dato troppo peso, troppo. Il calcio è semplice, spesso sono gli allenatori e i calciatori a complicarlo. Ho sempre ripetuto che il calcio non è chimica, non ha regole universali. Conta prendere il meglio dal gruppo che hai».
Anche per te è l’Inter la più forte?
Ranieri: «Sì, e subito dietro metto il Napoli. L’altra sera in Supercoppa l’Inter le ha prese, ma è in grado di ripartire subito perché ha solidità, qualità e lo stesso allenatore da anni… Lo dissi all’inizio, Napoli primo o secondo, non si scappa».
Per Conte, immagino.
«Antonio è un martello e inquadra squadra e prospettive in meno di un secondo».
Che rapporto hai con gli algoritimi?
«E che ci faccio? Sono elementi di supporto, possono servire in fase di scrematura iniziale, ma il calcio è fatto di conoscenza diretta. Al Fulham il figlio del proprietario venne da me per suggerire un acquisto. “Mister, ho visto dati e proiezioni, il tal giocatore ha fatto 100 metri col pallone tra i piedi”, disse. E poi che c’ha fatto col pallone?, gli risposi».
Ranieri: «Io sono Benjamin Button…»
Claudio Ranieri intervistato da Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport (la prima parte)
Claudio, ti consideravano esperto già una ventina d’anni fa.
«Io sono Benjamin Button…».
Ranieri sottolinea quasi tutte le risposte con una risatina, la sua inimitabile risatina complice: è l’allenatore del sorriso, della positività e della calma, il rasserenatore che nel 2007 fece dire a Enzo Bearzot, intervistato da Gianni Mura, «mi piace Ranieri, è una persona esperta e pacata, seria e civile. L’uomo giusto per la Juve».
E pensare che avevi annunciato l’addio alle armi.
«Mi credi se ti dico che negli ultimi mesi ho ricevuto più richieste che dopo il trionfo col Leicester? Quando mi sono accorto che c’era ancora voglia di Ranieri, la voglia è tornata pure a me, ma sapevo che l’avrei fatto solo per due squadre, Cagliari e Roma. Mi hanno tirato giù dall’Aventino».
Come hai trovato la squadra?
«Come tutte le squadre che escono da un esonero. In questo caso addirittura due in pochi mesi. Giù moralmente, ma a posto fisicamente. Con Daniele e Juric avevano lavorato bene sul piano atletico. Io ho semplicemente portato le mie idee, ho provato a stimolare i ragazzi, siamo entrati presto in sintonia. Cosa significa entrare in sintonia? Pensare le stesse cose, dare tutto l’uno per gli altri. Giocare sempre alla morte. Sono uno che in allenamento pretende tanto, quando arriva la partita lascio libertà ai giocatori perché, se hanno lavorato bene, sanno come comportarsi sia difensivamente sia offensivamente. A ogni errore deve corrispondere una reazione, nessuno deve ripensare allo sbaglio che ha appena commesso. C’è tanto tempo ancora. Sbagliamo tutti, in campo, nella vita… Tempo fa lessi una frase che mi piacque parecchio».
Quale?
«Se un errore non è un trampolino di lancio, è un errore».
Ranieri elogiato dal Guardian.