Su L’Equipe. “Il tennis di Sinner è proattivo e il suo gioco mentale è incredibilmente intenso. Né Alcaraz, né Zverev, né Medvedev possono dire lo stesso”
“Questo match tra Jannik Sinner e Alexander Zverev lo ha confermato in modo eclatante: più di ogni altro, una finale del Grande Slam è soprattutto una lotta mentale. Sinner ha vinto a mani basse. Mette così tanta intensità mentale in ogni colpo che la partita diventa un inferno per il suo avversario”. Mats Wilander traduce la testa di Sinner per noi comuni mortali. Nella sua rubrica su L’Equipe usa un paragone animale: “Non molla mai la presa, come un cane che cerca di catturare un frisbee: il cane non aspetta che l’oggetto cada, ma va a prenderlo entro un secondo. Sinner fa lo stesso con ogni palla. A differenza di Zverev, lui non la aspetta, ma si lancia su di lei per fare qualcosa”.
“Il tennis di Sinner è proattivo e il suo gioco mentale è incredibilmente intenso. Né Alcaraz, né Zverev, né Medvedev possono dire lo stesso. Ogni colpo è sferrato con mira e atteggiamento precisi. È così che esercita una pressione incredibile. La sua applicazione estrema su ogni colpo di palla, il suo coinvolgimento nel posizionarsi perfettamente, provengono anche dalla mente. In realtà, tutto inizia da lì”.
“Questa intensità mentale la troviamo nel suo movimento. Che trovo più preciso di quello di Alcaraz. È come quando si scia: non si può sciare con uno sci solo, ma con due. I suoi piccoli movimenti dei piedi sono incredibilmente precisi. Da questo punto di vista, il contrasto con Zverev è crudele”.