“E’ paradossale che alcuni daspo arrivino a persone che non mettono piede in uno stadio da vent’anni o minimamente interessate al calcio”
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“In CasaPound ci sono padri, madri, lavoratori, studenti e ogni parte della società civile, evidentemente anche tifosi di calcio o altri sport: detto questo, nessuna regia o nostra trama occulta esiste nelle curve italiane ed è paradossale che alcuni daspo arrivino a persone che non mettono piede in uno stadio da vent’anni o minimamente interessate al calcio“. Così CasaPound commenta, giusto con qualche giorno di ritardo (evidentemente hanno dovuto esaminare a fondo la questione…) i Daspo fuori per le manifestazioni sportive applicati nei confronti di 16 militanti per le commemorazioni di Acca Larenzia.
“Siamo di fronte a provvedimenti assurdi di cui tra l’altro veniamo a conoscenza dai giornali”, scrivono i una nota. “Nonostante ancora non ci siano stati notificati alla stampa vengono forniti nomi, cognomi e informazioni spesso fantasiose che non corrispondono alla realtà. Ci appare chiara la volontà di colpire, punire e intimorire un movimento che non ha abbassato la testa di fronte alle 31 denunce per apologia di fascismo arrivate per la commemorazione del 2024 e alle indagini in corso per lo scorso 7 gennaio”.
“Vorremmo solo ricordare alcune cose che la stampa spesso dimentica: sul saluto romano si sono espresse le Sezioni Unite con una sentenza che di fatto esclude ogni ipotesi di reato in casi come quello di Acca Larenzia e sulla base della quale gli imputati di diversi processi, a partire dalle commemorazioni di Sergio Ramelli a Milano, sono recentemente stati assolti. Il 7 gennaio, inoltre, si svolge appunto una commemorazione, in cui ricordiamo tre ragazzi assassinati che dopo quasi 50 anni, come in altri casi, non hanno ancora avuto giustizia e meriterebbero quantomeno rispetto e silenzio”.
“Non c’è nessuna sfida allo Stato o alle procure da parte nostra – conclude CasaPound – ma semplicemente la volontà di non fare passi indietro rispetto a una commemorazione che si svolge da decenni e nemmeno, stando alle ultime sentenze in merito ai saluti romani, costituisce reato. È una questione di dignità, libertà e giustizia, che seppur sappiamo essere parole incomprensibili ai più in quest’epoca di sciacalli, restano per noi principi oltremodo più importanti delle nostre fedine penali”.