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Andò: «Nel mio film “L’abbaglio” i neoborbonici li tratto come meritano, penso di loro il peggio possibile»

Il regista al Corsera : «neoborbonici e nordisti dicono la stessa cosa: la colpa è sempre di altri italiani. Il Risorgimento dovremmo riscoprirlo anche se l’esito fu deludente»

Andò: «Nel mio film “L’abbaglio” i neoborbonici li tratto come meritano, penso di loro il peggio possibile»
Set del film “L’Abbaglio” di Roberto Andò, 2024. Nella foto Foto di Lia Pasqualino. Questa fotografia è solo per uso editoriale, il diritto d'autore è della società cinematografica e del fotografo assegnato dalla società di produzione del film e può essere riprodotto solo da pubblicazioni in concomitanza con la promozione del film. E’ obbligatoria la menzione dell’autore- fotografo: Lia Pasqualino. Set of “L’Abbaglio” di Roberto Andò, 2024. In the picture Photo by Lia Pasqualino. This photograph is for editorial use only, the copyright is of the film company and the photographer assigned by the film production company and can only be reproduced by publications in conjunction with the promotion of the film. The mention of the author-photographer is mandatory: Lia Pasqualino

Andò: «Nel mio film “L’abbaglio” i neoborbonici li tratto come meritano, penso di loro il peggio possibile»

Roberto Andò, regista del film “L’abbaglio”, sul Risorgimento, intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera.

Scrive Cazzullo:

La sorpresa di questa stagione cinematografica è «L’abbaglio»: in pratica, «La grande guerra» — il capolavoro di Mario Monicelli — trasferita nel Risorgimento.

I protagonisti sono Toni Servillo nel ruolo del colonnello Orsini, che Garibaldi pone a capo della manovra diversiva — dovrà fingere la fuga e attirare l’esercito borbonico mentre l’eroe piomberà su Palermo — e Ficarra e Picone, che hanno il ruolo di Sordi e Gassman: due anti-eroi, che nel momento cruciale sono pronti a morire pur di non tradire. Il regista è Roberto Andò, siciliano — «Il coccodrillo di Palermo», pubblicato dalla Nave di Teseo, è il suo ultimo libro – che dirige il teatro di Napoli.

Andò, oggi i neoborbonici a Napoli sono fortissimi, e anche in Sicilia si fanno sentire. Ma lei nel suo film i Borbone li tratta malissimo.
«Li tratto come meritano. I soldati borbonici bruciarono i paesi, da Partinico a Torretta, che avevano accolto i garibaldini feriti con commovente generosità e grande coraggio. Le scene delle madri che piangono i figli uccisi nella repressione borbonica sono autentiche. Non a caso i neoborbonici mi detestano. Ma pure io di loro penso il peggio possibile. Come fanno a difendere l’assolutismo? Non ho capito se siano tanti, o se siano soltanto bene organizzati». 

Roberto Andò, neoborbonici e nordisti

Entrambe le cose. Sostengono che il Regno delle Due Sicilie fosse libero, ricco e felice, e che Garibaldi e Cavour abbiano rovinato il Sud. Proprio come i nordisti sono convinti che, se il Sud non ci fosse, loro vivrebbero ricchi e felici come in Svizzera o in Baviera.
«Sì, all’apparenza dicono due cose opposte, in realtà dicono la stessa cosa: la colpa è sempre di altri italiani. E il Risorgimento viene sempre maltrattato. In realtà dovremmo riscoprirlo. Il Risorgimento fu un grande movimento politico e culturale, che infiammò una generazione di patrioti. Anche se l’esito finale in parte fu deludente». 

Il titolo del film, «L’abbaglio», sembra alludere sia al diversivo inventato da Garibaldi per entrare in Palermo, sia appunto alla delusione dell’italia unita.
«I siciliani poveri attendevano una rivoluzione sociale che non ci fu. La mafia esisteva già; ma dopo l’arrivo di Garibaldi trovò il modo di insinuarsi e di radicarsi, fino a istituzionalizzarsi». 

Garibaldi non ne esce benissimo.
«Non è l’eroe di “Viva l’italia” di Rossellini. È un Garibaldi inquieto, problematico, non retorico, un po’ manipolatore, che teme di non farcela. I siciliani non hanno molta simpatia per Garibaldi. Neppure Sciascia ne aveva». 

 

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