Libera bestemmia in libero Stato. Aggiungiamo: Napoli non è portata per i giochi mentali, oltre dieci anni di Napoli ad alto livello non hanno cambiato la mentalità intrisa di sconfittismo.

Ci tocca dare ragione agli interisti di Libero: quanta ipocrisia sulla bestemmia di Lautaro. L’Italia non è uno stato laico?
Ogni tanto a Napoli, ma non solo, partono – incontrollati – flussi di pensiero che vivono di vita propria e quasi sempre si rivelano veri e propri boomerang. Come nel caso della bestemmia di Lautaro dopo la sconfitta dell’Inter in casa della Juventus (che doveva fare? Una preghierina?). Può risultare sgradevole, ok, ma la squalifica è ridicola anche se prevista dal regolamento. Peraltro ricordiamo che Napoli non è portata per i cosiddetti mind games. Non è arte nostra. Non sappiamo gestire la tensione agonistica. Non sappiamo provocare l’avversario. Siamo ormai troppo immersi nel nostro piagnonismo patologico. Quest’anno abbiamo anche il piagnonismo preventivo: “se arriviamo punto a punto, ci rubano lo scudetto”. Siamo talmente disabituati alla competizione ad alto livello, che già ci stiamo preparando al pianto collettivo. Come per l’espulsione di Higuain a Udine o per la mancata espulsione di Pjanic e il conseguente scudetto perso in albergo. Ed è incredibile che continuiamo a produrre pensieri intrisi di sconfittismo dopo oltre dieci anni con il Napoli ad altissimo livello, il che vuol dire che non c’è speranza. Tutto questo per dire che gli interisti di Libero hanno ahinoi ragione da vendere nel definire ipocrita il balletto mediatico sulla bestemmia di Lautaro. A Libero aggiungiamo una chiosa: poiché l’Italia non è una teocrazia, almeno non ancora, rimaniamo ancorati al concetto “libera bestemmia in libero Stato”.
Ecco quanto scrive Libero con un corsivo siglato C. S. presumibilmente si tratta del giornalista Claudio Savelli. Lo condividiamo e sottoscriviamo pur sapendo che a parti invertite avrebbero scritto che se il regolamento c’è, bisogna applicarlo. Ma giochiamo a far finta di non saperlo.
Non state qui a fare la morale per al Lautaro Martinez di turno che si incazza e bestemmia per aver perso una partita. Si chiede a questi agiati e ricchi e viziati atleti di appassionarsi a quello che fanno e poi, quella volta che esagerano, gli si rompe l’anima? Che poi, esagerano… Parliamone. Se la bestemmia di Lautaro o quella di Cambiaso nella gara di andata o quella di qualsiasi altro calciatore (ne voleranno decine ogni partita, ve lo possiamo garantire) vi danno fastidio, abbiamo una brutta notizia per voi: lo sport di alto livello non è uno strumento educativo. Può educare ma non sta scritto da nessuna parte che debba farlo. Se lo pensate, sbagliate voi, non loro. Per chi lo pratica a questi livelli è un lavoro, e sul lavoro ci si incazza. Per chi lo segue è una passione, e la passione è anche torbida. Per chi lo guarda è uno spettacolo, ed esistono anche spettacoli dissacranti, blasfemi, scorretti. Se non fanno per voi, semplicemente, non guardateli.
E poi, sarà più grave l’insulto a una persona rispetto a una bestemmia volante? No, in Italia no. Offendere Dio, per chi ci crede, è più grave che offendere il prossimo che lo stesso Dio di cui sopra invita a rispettare. Stato laico non pervenuto. Questo non è un invito a bestemmiare ma una richiesta a non rompere l’anima a chi lo fa e, se possibile, a non farne una ragione di tifo. È ridicolo che il regolamento preveda la squalifica per «espressione blasfema». Consueta complicazione all’italiana dato che poi serve l’audio in supporto al video. Così finisce che Ferrari della Sampdoria viene squalificato mentre Lautaro no, e giù polemiche. Ridicola la regola, grottesca l’applicazione. Che poi, chi stabilisce cosa è blasfemo e cosa no? C’è chi si offende per una bestemmia anche se non è rivolta a lui e chi non si sente offeso. Perché mai dovrebbero contare di più i primi?