Affidarsi a Conte per tornare in Europa ma poi non lavorare di concerto per l’ampliamento di aspetti tecnici, è un gioco dell’oca a perdere

Il Napoli pare essersi spento. Non sono i due pareggi con squadre ostiche, ma abbordabili. È l’aria che tira che sembra volgere al mesto. L’impoverimento tecnico è sotto gli occhi di tutti. Dinamiche di mercato, intenzioni, indicazioni, disattenzioni sembrano aver ridotto l’intensità del sacro fuoco attizzato e propagato da Antonio Conte. Ridotto in intensità e intenzioni per non incorrere in ostacoli magari non troppo gestibili, vista la manifesta incapacità di gestione della vittoria. Certamente, al di la delle parole e dei siparietti in conferenza stampa, Antonio Conte ha ulteriormente pesato il club e la propria inedia di espansione e consolidamento su posizioni ancor più di primo piano. Il Napoli non è un paese comunista, ma somiglia molto alla Jugoslavia di Tito: è una società non allineata, che non vuol far parte di nessuno schieramento politica sportiva, cacciatrice di alleanze variabili, quasi sempre minoritarie. Come la Yugo titina, il Napoli convive giocoforza con i propri limiti ed i propri momenti di gloria, per alcuni preminenti i limiti, per altri i momenti di gloria. I napoletani, un po’ come i serbi che pensano di aver inventato e divulgato la pallacanestro nel mondo, non sempre si rendono di essere comparse nel mondo del pallone. Nel calcio le dimensioni contano, e quelle ridotte del Napoli non sono sovrapponibili alla percezione del sé. Ciò porta a una perenne insoddisfazione. Un po’ come la temperatura con l’umidità: tra la reale e la percepita.
Dal Napoli segnali societari spesso contrastanti
Certamente i segnali societari spesso contrastanti. Prende uno tra i migliori allenatori del mondo in circolazione, con un corteggiamento lungo un anno, che ha anche influenzato, per certi versi, le scriteriate scelte della stagione scorsa. Ne asseconda l’arrivo del nutrito staff, dà il placet per profili tecnici mai presi in considerazione nei vent’anni precedenti, cestina alcune richieste. Tutto programmato, avendo sempre la certezza che con uno sforzo del genere, dopo un fracaso clamoroso, si possa ambire ai propri obiettivi. Al momento il Napoli fa molta più fatica ad ascoltare Conte. Almeno il mercato difficile, ha detto questo. De Laurentiis, dopo aver ottenuto il desiderio più grande, è come se ne avesse perso interesse verso l’impegnativo allenatore, che ne oscura l’immagine. Il Napoli è semplicemente tornato nelle mani di Chiavelli, dopo sei mesi di interregno contiano. In questi sei mesi sei il Napoli è stato rilanciato; è stata restituita dignità e competitività ad un gruppo che nella passata stagione, per impreparazione, imperizia ed incompetenza è stato distrutto dalla società stessa. Adesso rimessa la barca a posto i fronzoli e le prospettive anche un po’ bugiarde di Conte: Napoli come punto d’arrivo di una carriera, vengono messe repentinamente in soffitta.
La lezione della stagione post-scudetto non sembra essere stata colta appieno dal Napoli. Affidarsi a Conte per tornare in Europa (quale Europa?), ma poi non lavorare di concerto con l’allenatore per l’ampliamento di aspetti tecnici e non, è un gioco dell’oca che a lungo andare potrebbe diventare improduttivo. Rilanciarsi con Conte soltanto per tornare in Europa sembra essere un prezzo particolarmente alto da pagare. Ma è evidente la mancanza di una spinta progettuale societaria che ha esaurito la propria parabola di crescita, dopo lo scudetto è costretta a fare tre passi indietro per farne poi uno in avanti. L’eventuale successore di Conte, a meno che non sia un appassionato di ippica, avrà esattamente lo stesso effetto deprimente dell’arrivo di Garcia come successore a Spalletti. L’addio a Conte, non rimpiazzato adeguatamente, avrebbe lo stesso effetto deprimente anche sulla squadra. È stato dimostrato lo scorso anno, che in mancanza di una guida tecnica e sportiva, adeguatamente sostenuta dalla società, è molto facile implodere senza possibilità di salvezza.
Le posture societarie, al di la dei due pareggi consecutivi con squadre (in forma) ma tutt’altro che imbattibili, ed i malumori di Conte, che ci sono al di la delle smentite di facciata, si sono giocoforza riverberate sul gruppo squadra. La mancanza di alternative, e variazioni sul tema nel momento cruciale del campionato si stanno facendo sentire. Al momento sono quattordici le partite che mancano, e quattordici sembrano essere gli insostituibili di Conte. Il David Neres visto fin qui è un calciatore con colpi notevoli, ma eccessivamente ondivago e umorale. Per lui non può valere il discorso della stanchezza, rispetto agli altri. Titolare inamovibile da un paio di mesi, ma come tutto il Napoli, nelle ultime settimane “picchia un po’ in testa”. E se per Kvara il Napoli sarebbe stato ricattato, in quel ricatto ci è finito da solo per difetti endemici di una società che rimarrà sempre e solo un punto di passaggio.
Vale per tutti. Vale anche per Conte.