“Ormai vediamo l’ingiustizia comune come unica forma di giustizia possibile. Un modo di pensare abbastanza aberrante”
![Gramellini: «Sinner è un precedente di giustizia, invece siamo ossessionati dal “perché lui sì e io no”» Gramellini: «Sinner è un precedente di giustizia, invece siamo ossessionati dal “perché lui sì e io no”»](https://www.ilnapolista.it/wp-content/uploads/2024/10/000-36j772k.jpg)
Il caso Sinner, tra giustizialismo all’estero e innocentismo agonistico italiano, s’è perso per strada un punto che coglie bene Massimo Gramellini nella sua rubrica sul Corriere della Sera: siamo ossessionati dal “perché lui sì e io no” invece di guardare al futuro in maniera costruttiva e più… “giusta”.
Gramellini parte dalle dichiarazioni di Djokovic che “pensa che Sinner sia innocente, ma poiché in passato erano stati puniti per doping altri innocenti, anche lui avrebbe dovuto essere trattato da colpevole. L’ingiustizia comune come unica forma di giustizia possibile“, scrive l’editorialista.
“Un modo di pensare abbastanza aberrante, ma umanamente comprensibile, dato che tutti tendono a concepire la vita come un paragone continuo e la buona sorte altrui serve solo a rimarcare la propria sventura”.
“Il buon senso porterebbe a formulare il ragionamento opposto. A rallegrarsi che Sinner sia stato trattato con giustizia, così il suo caso farà da precedente. Ma essere contenti per il futuro non regala alcuna soddisfazione: non quanta ne dia recriminare sul passato”.
“Se proprio si vuole trovare un privilegio in Sinner, riguarda la sua possibilità di pagarsi il migliore avvocato su piazza. Ma è un rammarico che non riguarda certo Djokovic, né nessun altro milionario della racchetta. Se lo possono consentire, quel rammarico, solo coloro che non si possono consentire quell’avvocato”.
Aggiungiamo che Djokovic richiama il caso di Simona Halep, per fare il paragone. Halep era la numero uno del mondo, non una giocatrice di Tpra: anche poteva permettersi i migliori avvocati. A volte per fare paragoni rischiamo di mescolare mele e pere, un po’ a casaccio.