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Guardiola ci ha fatto credere di poter controllare il potere mistico del calcio (Valdano)

Sul Paìs: “A Madrid che nessuno si fidi del suo declino. Perché se il calcio ha reazioni incomprensibili, Guardiola pure. Meglio stare attenti”

Guardiola ci ha fatto credere di poter controllare il potere mistico del calcio (Valdano)
Manchester City's Spanish manager Pep Guardiola reacts to Liverpool fans chanting jeers during the English Premier League football match between Liverpool and Manchester City at Anfield in Liverpool, north west England on December 1, 2024. (Photo by Adrian Dennis / AFP) /

Jorge Valdano sul Paìs scrive di Pep Guardiola e del suo essere innovatore. Scrive Valdano che Guardiola in qualche modo ci ha fatto credere di poter controllare il mistico potere del calcio, che però in un nonnulla è in grado di farti sentire come una nullità assoluta.

Guardiola ci ha dato l’illusione di controllare il calcio (El Paìs)

Scrive Valdano:

Il calcio assegna premi al merito e sfrutta qualche inganno per consacrarti come eroe, ma se gli dai tempo, ha mille astuzie per farti sentire una nullità. (…) Per quanto serio tu possa essere, il calcio è sempre sabbia che scivola tra le dita.

Ci sono individui, come Guardiola, che sono riusciti a proiettare un’illusione: quella di controllarlo. Per molto tempo ho avuto la sensazione che il calcio gli corresse dietro, come se Pep ne fosse al comando con tutti i suoi straordinari attributi: la conoscenza, la passione, la feroce determinazione alla vittoria… Riusciva persino in una dualità quasi impossibile, quella di legare un metodo efficace all’arte. “Con quei giocatori, chiunque”, diceva l’istinto popolare. Falso, perché quel livello di eccellenza non lo raggiungono nemmeno undici Messi senza una guida saggia. Per questo Pep è una delle vette del calcio.

Ci siamo abituati a quella macchina perfetta di vittorie e spettacolo che ha costruito in squadre diverse, in paesi diversi. Un po’ perché incantava, molto perché vinceva e parecchio perché il calcio è un prodotto televisivo globale, è diventato un punto di riferimento. Per i giocatori che ha allenato è stato un privilegio, per la salute del calcio una fortuna.

E poi, all’improvviso, questo. Non eravamo pronti per questa deflagrazione incontrollata del suo City. C’è logoramento (“siamo invecchiati”, ha detto qualche giorno fa), ci sono infortuni che hanno colpito il cuore nevralgico della squadra (…) la fortuna che volta le spalle, la fiducia che vacilla, gli avversari che prima lo rispettavano e ora si sentono autorizzati a sfidarlo senza timori.

[…] Persino quando alzava un trofeo al cielo con entrambe le mani, Guardiola sospettava. (…)

Ora lo attende ancora una volta il Bernabéu luogo che per lui rappresenta la casa del nemico sin dall’infanzia. Semplificando: Pep è odiato. Per la prima volta arriva indebolito a una partita dentro fuori. Ma che nessuno si fidi. Perché se il calcio ha reazioni incomprensibili, Guardiola pure. Meglio stare attenti”.

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