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Il figlio di Radice: «Papà Gigi era avanti, portava le mogli in trasferta e organizzava le cene per gli scapoli»

Alla Gazzetta: «Quando Altobelli segnò contro il Napoli tutti corsero ad abbracciare papà. Nel calcio di oggi io una squadra intera che va ad abbracciare un allenatore, non la vedo». 

Il figlio di Radice: «Papà Gigi era avanti, portava le mogli in trasferta e organizzava le cene per gli scapoli»
1976 archivio Storico Image Sport / Torino / Luigi Radice / foto Aic/Image Sport

La Gazzetta dello Sport intervista Ruggero Radice, figlio dell’indimenticata Gigi, architetto dell’ultimo Toro scudettato.

Nell’iconografia del calcio suo padre viene inserito tra i “sergenti di ferro”. Concorda?

«In parte. Se sergente di ferro vuol dire essere coerente, rispettoso delle regole, professionale, intransigente, allora sì. Ma pre-ferisco descrivere papà come una persona buona, che dava fiducia e otteneva risultati».

Anche in famiglia?

«Sì, anche con me e le mie sorelle per la scuola, le piccole cose, il lavoro… Non l’ho mai percepito come un duro, e lo stesso mi dicono i ragazzi che ha allenato. Anzi, nella gestione dello spogliatoio era avanti. Negli Anni 70 permetteva a mogli e fidanzate di seguire i calciatori in trasferta, quando non lo faceva nessuno. E ogni settimana organizzava la cena per gli scapoli».

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Suo padre non lo amava solo il mondo Toro…

«A Roma è stato solo un anno ma la gente ancora si ricorda. All’inizio lo contestavano, Viola fece un mercato sotto tono e papà era considerato un ripiego, ma quella squadra fu straordinaria nel saldarsi attorno a lui. Si giocava al Flaminio, stadio piccolo, che lega calciatori e popolo. Ricordo il derby vinto con gol di Voeller, e un saluto finale commovente con uno striscione: “Un uomo solo al comando, 11 leoni al suo fianco, la sua maglia è giallorossa, il suo nome è Gigi Radice”. Abbiamo la gigantografia a casa. E prima ancora all’Inter…».

Racconti.

«Pellegrini prese il club da Fraizzoli, tutti sapevano che papà non sarebbe stato confermato ma lo spogliatoio era dispiaciutissimo, in primis lo zio Bergomi. La stagione iniziò male, un punto nelle prime quattro, alla quinta il Napoli in casa. Altobelli segnò nel finale e tutti, dal primo all’ultimo, corsero ad abbracciare papà. Ecco, nel calcio di oggi io una squadra intera che va ad abbracciare un allenatore non la vedo». 

Gigi Radice se n’è andato il 7 dicembre del 2018, dopo anni di malattia.

«Un male bastardissimo, di cui sapevano in pochi. Papà era una persona riservata, noi figli lo abbiamo protetto. È mancato di venerdì, due giorni dopo c’era Milan-Toro, la sua partita. Il mondo del calcio gli ha manifestato amore, e non erano frasi fatte. Ne percepivo la sincerità». 

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