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Il rigore di Lookman è costato a Percassi almeno 11 milioni. Il calcio non è un’industria, è ‘na pazziella in mano alle creature

Si atteggiano a grande industria, ma il sistema si regge su dinamiche da Villa Comunale: il pallone è mio e tiro io. Poi il conto lo pagano gli adulti, l’Atalanta

Il rigore di Lookman è costato a Percassi almeno 11 milioni. Il calcio non è un’industria, è ‘na pazziella in mano alle creature
Atalanta's Nigerian forward #11 Ademola Lookman reacts at the end of the UEFA Champions League knockout phase play-off 2nd leg football match between Club Brugge KV and Atalanta at the Stadio di Bergamo in Bergamo on February 18, 2025. Isabella BONOTTO / AFP

Se l’Atalanta si fosse qualificata per gli ottavi di finale di Champions League, avrebbe guadagnato 11 milioni di euro, oltre ai 65 milioni già incassati finora. Ma il piccolo Ademola non lo sa, non gli importa. E’ in una gabbia di Faraday che lo protegge dalle scariche elettriche che gli piovono addosso. E’ ignifugo. Dammi il pallone, è mio. Il rigore lo tiro io. Il rigore lo sbaglia lui. L’Atalanta ci rimette 11 milioni di euro. Anzi, teoricamente molti di più: 12,5 milioni se fossero poi passati ai quarti, al 15 per la semifinale, financo 18,5 per la finale. Nella rarefazione del sogno, ulteriori 6,5 milioni per la vittoria della Champions. In tutto 63 milioni di euro, potenziali.

Il nesso causale è puramente ipotetico: anche se avesse segnato, ci sarebbe stata una rimonta da fabbricare. Ma il piccolo Ademola, in quella crepa spazio-temporale che sono le partite di pallone, ha per l’appunto non più di 10-11 anni. Non è Lookman, è solo Ademola. E l’economia è noiosissima ferraglia da adulti. Per Ademola, in quel momento, lo stadio di Bergamo è una piazza di paese, quel prato è un selciato, la porta del Bruges due pali immaginati con gli Invicta Jolly top piazzati a terra. De Ketelaere, Charles, è Carletto; Retegui, è Mattè: “Non ci pensate nemmeno, Mattè. Tiro io”. Il valore di quel gesto non ha contabilità, è sospeso in un purgatorio: quanto costa la fanciullezza? Nella finanza della Villa Comunale quel rigore è solo un’azione. Criptovaluta.

L’assurdo è dunque che nella riduzione ai minimi termini del “giuoco”, la tanto millantata industria del calcio ha poche basi, per lo più piantate in un giardino d’infanzia. E’ friabile, come solo il piccio di un bambino in preda ai fumi dell’agonismo. Ancorché adori raccontarsi per favole, il calcio non è nemmeno così disneyano o dickensiano da chiudere questa storia con Gasperini che rende orfano il suo attaccante. Lo azzanna in tv, mentre rosica: “E’ il peggiore ti tutti a tirare i rigori, in allenamento li tira proprio male”, dirà esponendo se stesso al pubblico ludibrio. Ma fa parte del gioco, in fondo. Un gioco molto dispendioso.

Nella sospensione dell’incredulità, nessuno ha alzato lo sguardo in tribuna, dove albergavano i Percassi. Ovvero quelli che alla fine del match hanno aperto il portafogli e hanno trovato un buco da 11 milioni di euro. Mentre laggiù Ademola ostentava il tipico disturbo oppositivo provocatorio del discolo nemmeno troppo pentito. E’ la bellezza, tutto sommato, dello sport e del calcio a maggior ragione: è una pazziella in mano alle creature.

 

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