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Italiano: «Guardiola e Sacchi hanno unito il mondo visionario ai fenomeni. Il mio è un calcio Coca Cola, ho il brevetto»

Al CorSera: «Due giornalisti stranieri mi hanno detto che in futuro tanti utilizzeranno i principi del mio Bologna, essere aggressivi contro i top club».

Italiano: «Guardiola e Sacchi hanno unito il mondo visionario ai fenomeni. Il mio è un calcio Coca Cola, ho il brevetto»
Cm Bologna 21/01/2025 - Champions League / Bologna-Borussia Dortmund / foto Cristiano Mazzi/Image Sport nella foto: Vincenzo Italiano

Il tecnico del Bologna Vincenzo Italiano ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera. In questa stagione è subentrato a Thiago Motta, che è passato alla Juventus.

Italiano: «Il mio non è un calcio copiato, è un calcio Coca Cola, ho il brevetto»

Rispetto all’Europa il livello della Serie A si è abbassato?

«In Europa giocano a viso aperto, non speculano. È un tipo di pensiero calcistico da inseguire, per avvicinare la gente allo stadio. Culturalmente noi siamo più preoccupati del risultato. Ma il risultato può essere casuale, la prestazione ben fatta non lo è mai».

Il suo Bologna un record ce l’ha in questo 2025: con Napoli, Barcellona e Psg, è tra le uniche quattro squadre imbattute in Europa…

«Testimonia la crescita della squadra: c’è equilibrio nella proposta di calcio, con e senza palla. Se vai in campo cercando di fare la partita e con la voglia di non perdere si arriva a un dato così».

Nella lotta scudetto chi vede davanti?

«Napoli e Inter, 50 e 50. Se la giocano fino all’ultimo. Conte sta facendo un grande lavoro, però l’Inter è più attrezzata come rosa, l’Atalanta la vedo un filo sotto».

Quanto pesano gli scontri diretti per la corsa all’Europa?

Italiano: «Impossibile pensare di vincerli tutti. Se arriva un passo falso bisogna reagire e far punti con chi ti sta dietro. Noi abbiamo 6-7 scontri diretti».

Uno scontro diretto in Coppa Italia l’ha vinto battendo l’Atalanta in trasferta…

«La coppa è un obiettivo della società, siamo in semifinale dopo 26 anni. In questa competizione ho fatto tre semifinali e una finale e, l’anno prima, con lo Spezia arrivai ai quarti. Per me la coppa va onorata, se arrivi in finale è un’emozione unica, un regalo alla città. Poi andremmo pure in Supercoppa in Arabia Saudita: magari».

È un campionato dilaniato dalle polemiche arbitrali. Var sì o no? Si usa troppo?

«Var sì, ma dobbiamo uniformare i giudizi. Falli di mano e rigori lasciano tutti scontenti. Il problema è che se cerchi l’uniformità poi rischi di fischiare tutto».

Il Bologna del dopo-Motta era la panchina più rischiosa, perché l’ha accettata?

«Confermarsi è sempre difficile. Ho capito che qui si poteva fare qualcosa di importante: c’è ambizione. E poi la Champions mi ha stimolato, dopo la Conference League volevo mettermi alla prova».

L’allenatore bravo è chi fa risultato ma soprattutto migliora i giocatori: d’accordo?

Italiano: «Assolutamente. Giochi per i risultati, ma un tecnico ha il dovere di mettere i calciatori nelle condizioni ideali per farli esprimere».

Il suo calcio sfrutta le fasce e il pressing molto alto…

«Dopo la vittoria in Coppa Italia a Bergamo due giornalisti stranieri sono venuti a dirmi che in futuro tanti utilizzeranno i principi del Bologna. Il mio non è un calcio copiato, ho il brevetto come la Coca-Cola. Il calcio è possesso e non possesso, questo modo di riconquistare la palla così aggressivo che abbiamo, ti aiuta contro chi ha grandi individualità. Aggressivi con i forti, diciamo così».

Giochista o risultatista?

«Il giochista ama arrivare al gol attraverso il collettivo, il risultatista è chi dice diamo la palla al fenomeno e segniamo. Non c’è niente di più bello di abbinare l’organizzazione al fenomeno, se ci riesci diventi invincibile. Guardiola a Barcellona, Sacchi al Milan: quella è la perfezione, unire un visionario e i fenomeni».

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