Il suo contratto è un tormentone. Ma diciamo “diamogli tutto quello che vuole” senza sapere cosa vuole lui. Come se tutta la vita avesse sempre un prezzo

Mo Salah sta dominando la Premier League. E c’è un problema: che si fa con il suo contratto? Il Liverpool lo rinnova o si lascia andare quello che al momento è il miglior giocatore del mondo? Se lo chiede, proprio filosoficamente, Jonathan Liew sul Guardian. Non ha risposta: il pezzo è come un flusso di coscienza.
“Dategli ciò che vuole. Questo è il ritornello di questi tempi. C’è un contratto non firmato, c’è una Premier League quasi vinta, è il miglior giocatore del mondo, ama il club, non si può dare un prezzo alla gioia e all’appartenenza, date al piccolo ballerino ciò che vuole. Ovviamente il sensibile editorialista anticonformista si sente in dovere di opporsi. Ha 32 anni. Dare a Salah un nuovo contratto influisce sugli affari che il Liverpool può fare in futuro. Questo è il modo perfetto per dire addio. Possiamo girare in tondo così per giorni. Ma cosa succede se ci stiamo tutti ponendo la domanda sbagliata?”, si chiede Liew.
L’editorialista ritraccia, in modo molto letterario, la sua carriera, la sua estrema generosità e fame per arrivare dov’è. E riflette: “E se invece il suo prossimo contratto arrivasse dalla Saudi Pro League? Sappiamo che ha a cuore con passione lo sviluppo del calcio in Medio Oriente. Sappiamo che i sauditi stanno pagando meglio di chiunque altro al momento. Sappiamo anche che far firmare Salah per la Pro League fungerebbe da colpo di PR per uno dei peggiori regimi sulla Terra e renderebbe molte vite molto migliori in modo tangibile nel processo. Va bene provare qualsiasi cosa si voglia provare a riguardo”.
Il punto è che “Non so cosa voglia Salah e nemmeno voi. Ma so quanto ha lavorato duramente per arrivare a questa posizione. Quelle ore sull’autobus. Quelle ore in palestra. La destrezza con cui è fuggito dalla politica tossica del calcio egiziano, una destrezza pari a qualsiasi cosa abbia mai mostrato in campo. Questo è il suo periodo di declino, i suoi ultimi anni di vera influenza, il suo momento di massimo potere. Tra un decennio avrà 42 anni e non sarà di alcuna utilità per nessuno. Questa è l’ultima grande decisione calcistica che prenderà”.
“Dategli ciò che vuole. Perché questa narrazione sembra così inadeguata? Forse perché si basa sull’idea che Salah possa ancora essere costretto a firmare un contratto se l’offerta è abbastanza generosa, riduce questa decisione personale incredibilmente complessa a puro istinto pecuniario. Come se questa fosse una semplice transazione tra datore di lavoro e dipendente. Come se ogni chilo di carne avesse un prezzo. Come se, nonostante tutto il talento e l’influenza di Salah, questa fosse ancora essenzialmente una decisione del Liverpool, il Liverpool che lo “lascerebbe andare”. Cosa vuole Salah? Forse la domanda pertinente è: fino a che punto è in potere di qualsiasi club calcistico concederglielo?”.
“Che ne dici di: lasciamolo andare dove vuole, alle sue condizioni, con la nostra benedizione e i nostri ringraziamenti? Che ne dici di: non presumere di possedere una parte di lui perché ogni tanto ti rende felice? Che ne dici di riconoscere che adulazione e persecuzione sono due facce della stessa medaglia?”
“Trattiamo Salah come un contenuto gratuito, una bistecca appesa con un cartellino del prezzo, piuttosto che un’esperienza vissuta disordinata, la complessità mozzafiato dell’esistere come essere umano al centro di tante altre esistenze. Forse non c’è da stupirsi che amiamo fissare i piedi di Salah. Ci risparmia la fatica di guardarlo negli occhi”.