Un Napoli mai visto prima ha lasciato poco e niente alla Lazio. Conte ha aggiunto un’altra versione al suo Napoli. Raspadori regista d’attacco
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L’unico Napoli possibile
Per raccontare e analizzare Lazio-Napoli, bisogna partire da un presupposto: quello che è sceso in campo a Roma era l’unico Napoli possibile. Soprattutto quella vista nel finale, dopo le uscite forzate – o comunque inevitabili – di Buongiorno e Mazzocchi, era una squadra in assoluta emergenza. Basta fare mente locale: a Conte mancavano tutti i giocatori dell’organico – Olivera, Spinazzola, Mazzocchi – che possono essere utilizzati come esterni bassi a sinistra. Inoltre era assente anche David Neres, che naturalmente non può fare il terzino ma è comunque parte della catena che opera da quel lato. Inoltre, come detto, anche Buongiorno è stato costretto a uscire – o comunque Conte ha preferito non forzare troppo nel giorno del suo rientro in campo.
In situazioni del genere, è inevitabile pensare al mercato. E infatti, viene da dire non a caso, il Napoli aveva messo nel mirino e ha avuto in mano, prima di perderlo in modo beffardo, un giocatore in grado di giocare in tutte le posizioni della difesa. Da centrale, da terzino a destra e pure a sinistra – stiamo parlando di Danilo, per chi non l’avesse capito.
Al tempo stesso, però, sarebbe esagerato ragionare solo in funzione di ciò che è successo – o di ciò che non è successo – durante la finestra di gennaio. Contro la Lazio, infatti, il Napoli e Conte si sono ritrovati in certe condizioni perché privi e privati di due calciatori nello stesso slot, Olivera e Spinazzola. E poi, nel corso della gara, anche di Mazzocchi: il terzo elemento che può disimpegnarsi come laterale basso a sinistra. A questo punto sorge spontanea una domanda: da quanti giocatori per ruolo dovrebbe essere composta la rosa di una squadra di calcio per evitare situazioni del genere?
L’intuizione di Conte, un’altra ancora
Questa premessa era doverosa. Perché lo stesso Conte, nel postpartita, ha detto che «quando Mazzocchi ha chiesto il cambio, è stato un problema». Tutti gli altri – enormi, sfortunati – problemi del Napoli erano stati in qualche modo superati grazie a una nuova idea/intuizione tattica dell’allenatore. L’ennesima di questa sua prima stagione in azurro. Nulla di visionario, intendiamoci, ma pur sempre ciò che serviva al Napoli per affrontare bene il momento di emergenza e per giocarsela alla pari contro una squadra come la Lazio. Che, va detto, ha dei valori importanti e pratica un calcio moderno, aggressivo e anche di qualità.
A Roma, il Napoli si è rimesso in campo con la vecchia cara difesa a tre che diventa a cinque. Con un 5-3-2 in fase passiva che però non deve essere scambiato per un sistema di puro contenimento, speculativo, perché l’atteggiamento era di tutt’altra pasta – e ne parleremo. In fase offensiva, invece, il Napoli ha dato un’altra prova – l’ennesima di questa sua stagione, perdonateci la ripetizione di questa frase – di fluidità. Perché in realtà le posizioni di Raspadori, Anguissa e McTominay determinavano uno schieramento diverso, che si potrebbe identificare come una specie di 3-4-3. Però con il centrocampo a rombo, oppure – per dirla con un termine più enfatico – a diamante.
Modello Atalanta
Ma andiamo con ordine, partendo cioè dalla fase difensiva: il Napoli si è presentato a Roma con un 5-3-2 puro che però si deformava come se gli azzurri fossero l’Atalanta. Conte, infatti, ha predisposto un sistema di marcature a uomo che si incastrava perfettamente con il 4-2-3-1/4-2-4 della Lazio di Baroni. Questi erano gli accoppiamenti: Lukaku e Raspadori sui due centrali, Di Lorenzo su Nuno Tavares, Mazzocchi su Marusic; Anguissa su Rovella, McTominay su Guendouzi, Lobotka su Pedro; i tre centrali – Rrahmani-Buongiorno-Juan Jesus – rispettivamente su Zaccagni, Castellanos e Isaksen.
Uomo su uomo
Come si vede chiaramente da questi screen, l’idea era quella di andare a sporcare – o comunque a infastidire – il possesso avversario fin dentro la trequarti difensiva. Insomma, Conte non si è limitato a schierare il Napoli nell’unico modo possibile in base agli uomini che aveva – o meglio: che gli erano rimasti – a disposizione: ha anche trovato il modo per rendere aggressiva la sua squadra. E in fondo l’ha fatto anche bene: quella di Isaksen che è valsa l’1-0 è stata una delle 2 conclusioni in porta concesse dal Napoli in tutto il primo tempo, se guardiamo alle azioni manovrate. Se allarghiamo il campione anche alle palle inattive, i tiri finiti nello specchio diventano 3. Esatto, tutto qui: solo 3 tiri in porta in 45 minuti di gioco.
Numeri alla mano, si può dire: la sensazione per cui la Lazio abbia avuto in mano la partita, per cui la squadra di Baroni sia stata ripetutamente pericolosa, è soltanto una sensazione. Mancano dei riscontri effettivi. Sì, dal canto suo il Napoli non è andato oltre il gol di Raspadori – l’unica conclusione tentata di tutta la prima frazione di gioco. Ma i fatti restano fatti: la Lazio è andata in vantaggio dopo pochi minuti con un tiro da 30 metri su cui Meret, per usare un eufemismo, non è stato impeccabile.
Per tutto il resto del primo tempo, la squadra di Baroni ha tenuto leggermente di più il pallone (percentuale grezza del 55%) ma è andata letteralmente a sbattere contro il muro/sistema disegnato da Conte. In questo senso, sempre guardando al primo tempo, ci sono delle statistiche piuttosto eloquenti: i giocatori del Napoli hanno vinto 7 duelli aerei contro i 2 della Lazio. E la stessa proporzione (10-3) è stata registrata anche nei contrasti.
Raspadori regista offensivo
L’altra caratteristica nuova del Napoli visto a Roma, come detto, va ricercata nel modo in cui si la squadra di Conte si è disposta in fase offensiva. In particolare, nella posizione tenuta da Raspadori, Anguissa e McTominay. In pratica, quando gli azzurri erano in possesso palla si determinavano l’arretramento di Raspadori e l’avanzamento delle due mezzali. Di fatto, quindi, il Napoli ha giocato con un 3-5-2 spurio. Sarebbe più giusto, come detto in precedenza, parlare di 3-4-3 con centrocampo a rombo. Quindi con Lobotka e Raspadori schierati lungo un immaginario asse verticale.
Nei due frame in alto, Lobotka e Raspadori sono di fatto i due centrocampisti centrali del Napoli. Sopra, invece, vediamo la mappa di tutti i palloni giocati da Raspadori
Come si vede anche nella mappa dei suoi palloni giocati, la trovate sopra, Raspadori non ha giocato da seconda punta. La definizione più giusta per il suo ruolo, quantomeno in base a quello che si è visto durante Lazio-Napoli, sarebbe quella di regista offensivo. Anche i dati, come succede spesso, confermano questa sensazione: l’attaccante ex Sassuolo risulta il giocatore del Napoli che ha eseguito più cross (4) e il secondo per passaggi lunghi tentati (3) dopo Rrahmani (4).
Gli unici due tocchi in area della sua partita coincidono con le conclusioni che hanno determinato i gol del Napoli. Anche questo è un dato molto significativo: vuol dire che Raspadori è riuscito a essere decisivo anche se in realtà è stato sfruttato pochissimo come seconda punta. Come attaccante puro. È anche comprensibile, a pensarci bene. In fondo, per il Napoli di Conte – e quindi anche per Raspadori – quella con la Lazio è stata la prima partita in assoluto giocata con questo sistema. A inizio anno, infatti, gli azzurri si sono schierati con la difesa a tre ma in avanti c’erano sempre Politano e Kvara ai lati della prima punta.
Una bella combinazione
Il fatto che Lukaku e Raspadori siano riusciti a confezionare questa intesa e questo gol con pochissimi minuti giocati uno accanto all’altro, soprattutto in un sistema 3-5-2, è un segnale importante. Significa che Conte, in vista delle prossime partite e del rush finale del campionato, ha in mano un’altra soluzione tattica. Significa che il Napoli ha un altro abito tattico da poter indossare, in caso di necessità. O in caso di di emergenza, come quella in cui si ritrova ora.
Politano e un nuovo 3-5-2
Torniamo di nuovo al punto di partenza. All’emergenza-infortuni. È inevitabile, è l’andamento di Lazio-Napoli che ci porta a parlarne. Perché la squadra di Conte ha acquisito sicurezza col passare dei minuti, la Lazio ha continuato a giocare a folate e ha costruito una sola occasione vera dopo aver subito il pareggio – stiamo parlando del tiro di Isaksen in apertura di ripresa, dopo la sgroppata e l’assist perfetto di Nuno Tavares. Al di là di quell’azione, infatti, nel secondo tempo la squadra di Baroni ha messo insieme zero tiri in porta fino al gol di Dia.
Dal canto suo, anche questo va detto, il Napoli non è che abbia costruito granché. Però ha stuzzicato Provedel con una botta di Lukaku, poi Conte ha fatto entrare Politano e ha dato un nuovo volto – per quanto obbligato – al suo sistema di gioco. Per capire quello che intendiamo, basta rivedere il video dell’autogol di Marusic al minuto 64′:
Tutto di prima
In quest’azione, Politano, Di Lorenzo e Anguissa si muovono e giocano la palla come se il Napoli fosse schierato con il 4-3-3. Come sempre, viene da dire. Il numero 21 azzurro, infatti, comincia l’azione in posizione di esterno offensivo, Di Lorenzo gli serve il pallone come se fosse una mezzala, Anguissa nel frattempo era a supporto di Lukaku ma poi si allarga per creare superiorità numerica sulla gascia. Ripetiamo: lo stesso identico meccanismo che il Napoli utilizza quando gioca con la difesa a quattro. Solo che stavolta c’è un uomo in più: il tocco in ampiezza verso Anguissa è di Raspadori, che subito dopo si sposta a centro area per ricevere il cross a rimorchio. Ricordate com’era il discorso sul regista offensivo?
L’inventiva non può essere infinita
L’avevamo già accennato in precedenza: l’ingresso di Politano è stato più o meno forzato dalla scarsa autonomia di Buongiorno, reduce da una lunga assenza. Conte ha fatto un virtuosismo tattico, ha ricavato il massimo possibile da questa sostituzione e a quel punto sembrava aver anche contenuto il ritorno della Lazio – il gol di Zaccagni annullato per fuorigioco è stato l’unica azione davvero pericolosa concessa dal Napoli. Poi, però, Mazzocchi ha chiesto di essere sostituito. E a quel punto Conte non aveva margine per poter fare altro. D’altronde nulla al mondo, neanche l’inventiva di un grande allenatore, può essere infinita.
Il paradosso è che, di fatto, l’ingresso di Rafa Marín – all’esordio assoluto in Serie A – era l’unica soluzione davvero percorribile per non mutare troppo gli equilibri tattici. Per non dover adattare più di un giocatore a un ruolo non suo. A pensarci bene, infatti, la sostituzione tra Mazzocchi e il difensore spagnolo ha determinato “solo” il cambio di fascia di Politano, da quinto di destra a quinto di sinistra, e lo spostamento di Di Lorenzo nel ruolo di esterno a destra. L’ingresso di qualsiasi altro componente della panchina (accanto a Conte c’erano anche Scuffet, Contini, Hasa, Billing, Ngonge, Simeone e Okafor) avrebbe costretto il Napoli a un cambio di sistema.
Ora parliamo anche del gol di Dia
In ultimo, ma solo in ordine di tempo, fa sorridere – ma anche riflettere – che il gol della Lazio sia arrivato proprio con un’azione costruita e finalizzata sulla fascia destra, cioè la fascia sinistra del Napoli. Dal lato di Politano, l’unico giocatore adattato a un ruolo non suo. Che non ha nessuna colpa specifica, è bene dirlo in maniera chiara e inequivocabile, ma che di certo non è un terzino sinistro o un quinto di sinistra. Di terzini/quinti di sinistra il Napoli ne ha due più uno, e in quel momento della partita erano tutti indisponibili.
Conclusioni
A questo punto, inevitabilmente, dobbiamo riprendere la domanda che abbiamo posto all’inizio: da quanti giocatori per ruolo dovrebbe essere composta la rosa del Napoli, una squadra di calcio che quest’anno non partecipa alle coppe europee, per evitare emergenze come quella di queste settimane? Durante il mercato di gennaio Manna e De Laurentiis avrebbero dovuto prendere il quarto terzino sinistro? Certo, avrebbero potuto (dovuto?) prendere Danilo. Ma il suo ingresso avrebbe determinato la cessione di Rafa Marin. Come dire: dal punto di vista puramente e meramente numerico, le cose sarebbero rimaste inalterate.
Ovviamente questa è pura retorica legata al calciomercato e alla critica (della ragion pura?) dei tifosi/giornalisti. Dal punto di vista delle evidenze tattiche e statistiche, Lazio-Napoli 2-2 è stata una partita equilibrata, è giusto che sia finita in parità. Il Napoli ne viene fuori con una sensazione di amarezza perché ha subito la terza rimonta in tre partite, perché vincere durante l’emergenza avrebbe avuto un significato enorme, perché avrebbe messo pressione all’Inter.
Conte, però, può e deve guardare con soddisfazione alla partita di ieri. E al suo lavoro. Perché, come detto, ha inventato un nuovo sistema per mettere in campo la sua squadra – scoprendo, tra l’altro, che può utilizzarlo per dare più spazio e un contesto migliore a Raspadori. E perché, parlano i numeri, una squadra forte come la Lazio ha creato pochissimo contro un Napoli che non si era mai visto prima. Non è poco, se consideriamo che gli azzurri si trovano nel bel mezzo di un’emergenza. In fondo gli allenatori, se e quando sono bravi, servono proprio a risolvere problemi di questo tipo.