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Luca Pellegrini smonta il mito della Sampdoria tutti amici: «Mi fecero fuori. Mancini voleva fare il capitano»

Il capitano dello scudetto alla Gazzetta: «Vialli, prima di morire, ha detto che Dossena e io eravamo le voci fuori dal coro. Ce ne andammo dopo lo scudetto»

Luca Pellegrini smonta il mito della Sampdoria tutti amici: «Mi fecero fuori. Mancini voleva fare il capitano»
1988 archivio Storico Image Sport / Sampdoria-Fiorentina / Gianluca Vialli-Roberto Mancini-Roberto Baggio / foto Aic/Image Sport

Luca Pellegrini smonta il mito della Sampdoria tutti amici: «Mi fecero fuori». Mancini voleva fare il capitano

I miti sono belli, sono le belle storie che piacciono. Ma sono quasi sempre artefatte. Come quella della Sampdoria tutti amici di Vialli e Mancini. Di quella Sampdoria il capitano era Luca Pellegrini che in un’intervista alla Gazzetta racconta come venne fatto fuori dal gruppo, ricorda le parole di Vialli su Pellegrini e Dossena che erano le uniche voci fuori dal coro e infatti andarono via dopo lo scudetto e che Mancini voleva la sua fascia di capitano e dopo la sua partenza la ebbe.

Ecco stralci dell’intervista della Gazzetta a Luca Pellegrini

Non tutto filava liscio.
«Ho sempre rispettato tutti, ma non ero iscritto a nessun partito. I problemi esplosero nella stagione dello scudetto, 1990 91. Non stavo bene, avevo problemi alla schiena che nessuno riusciva a risolvere. A gennaio perdemmo contro Torino e Lecce e il presidente e il direttore Borea ci invitarono ad andare a cena da soli, per dirci le cose in faccia. E così una sera ci ritrovammo in un ristorante di Rapallo, ma qualche giorno prima il gruppo dei senatori si era riunito nella solita pizzeria, senza di me, e lì qualcuno aveva detto che io ne avevo sempre una e che si andava male per colpa mia. Me lo riferì un testimone: “Luca, c’è chi ti pugnala alla schiena”. Così, quando ci incontrammo tutti, Vialli spese parole di sostegno per me, ma io gli replicai: “Luca, non tutti la pensano come te”. Lì capii che mi avrebbero fatto fuori».

Luca Pellegrini

Luca Pellegrini capitano della Sampdoria dello scudetto

Lei però giocò da titolare Inter-Samp 0-2, la partita che di fatto valse lo scudetto.
Luca Pellegrini: «Nel frattempo, ero guarito, grazie a Mantovani che mi mise nelle mani del suo medico personale, il dottor Segre: venne fuori che avevo una radicolite. Sì, giocai il match decisivo e mi sono sempre chiesto perché. Un giornalista importante, uno che c’era, di recente mi ha detto: “Luca, ti fecero giocare perché volevano vincere”. Mi piace pensare che sia stato così. Di quel giorno ricordo due chiusure decisive».

Nell’estate del 1991, Pellegrini, il capitano dello scudetto e della Coppa Coppe, passò al Verona.
«Venni tradito anche da Mantovani. Avevo firmato il rinnovo, ma la società non depositò il contratto in Lega. In questo caso un procuratore come Canovi sarebbe stato decisivo. C’erano stati interessamenti di Inter e Juve, Roma e Lazio. Mi ritrovai al Verona. Lì è cambiata, anzi finita la mia carriera».

Il suo rivale è stato Mancini?
Luca Pellegrini: «Io e Mancio da ragazzi eravamo amici. Mi ricordo una sera a Milano, da Genova con la sua Ferrari, noi e le fidanzate. Ero il capitano della Samp, ma la fascia la voleva lui e con la mia partenza la ottenne. Forse è stato questo. Io da capitano ero diretto, non prendevo ordini. Quando la società ci chiese di andare in ritiro per la seconda finale di Coppa delle Coppe, nel 1990 contro l’Anderlecht, la prima nel 1989 l’avevamo persa contro il Barcellona, ascoltai i compagni e tutti dicevano: “No, il ritiro no, che palle”. Replicai che ci avrebbe fatto bene, che non potevamo sprecare un’altra occasione, risposi sì a Boskov e ai dirigenti e vincemmo. Vialli, prima di morire, ha detto che Dossena e io eravamo le voci fuori dal coro. Ce ne andammo dopo lo scudetto, io in estate al Verona e Dossena a novembre per passare al Perugia, in C. Chissà, se fossimo rimasti, a Wembley la finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona sarebbe finita diversamente». 

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