È stata una conferenza brutalmente onesta. Ha ammesso gli errori ma ha anche chiarito, ancora una volta, su quale terreno deve muoversi il Napoli

Manna ha ammesso i suoi errori, in una cornice di visione progettuale chiara
Giovanni Manna sorride stringendo gli occhi e quelli gli diventano feritoie strettissime. Sembra un bambino: d’altronde il suo cursus honorum è culminato all’improvviso, a 36 anni, nella ricostruzione del Napoli con Antonio Conte in panchina. Non è prassi, soprattutto in un mondo così vecchio e autoriferito come quello del calcio italiano.
Manna era in conferenza stampa per provare a spiegare all’ambiente, e di conseguenza ai tifosi, il disastroso mercato di gennaio del Napoli: poco più di quattro settimane in cui il club è stato costretto – «quasi ricattato» per usare le parole del direttore sportivo – a vendere il suo miglior giocatore, Khvicha Kvaratskhelia, emigrato al Psg per più di 70 milioni di euro.
È stata una conferenza brutalmente onesta. Manna non ha usato armi retoriche particolarmente affilate, non ha alzato la voce. Ha raccontato con grande imparzialità.
Manna ha detto, e questo va sottolineato, che la strategia è stata sbagliata. Che a gennaio se perdi una decina di giorni dietro a Garnacho e Danilo puoi ritrovarti con un pugno di mosche in mano. Esattamente ciò che è accaduto a lui, e cioè al Napoli. Oggi gli azzurri sono più deboli nell’undici titolare e nella rosa: sono stati ceduti anche Folorunsho e Caprile, entrambi volevano giocare di più e non terminare la stagione da comprimari.
Eppure, allo stesso tempo, le parole di Manna hanno diradato molta nebbia che si era abbattuta sul Napoli. Sulla sua visione del futuro. E già questa è una novità: che a dettare l’agenda del Napoli non sia più il suo Presidente-Padrone, De Laurentiis, ma sia il capo dell’area sportiva: Manna, appunto.
A molti sembrerà un passaggio formale, ma siamo sicuri lo sia davvero? Quante altre volte tifosi e giornalisti hanno invocato parole e poteri ai direttori sportivi? Nei suoi primi tre anni, quelli con Sarri allenatore, Giuntoli, oggi incensato dalla critica a lui amica, non si vedeva mai, se non per protestare contro i torti arbitrali di un Juventus-Napoli di Coppa Italia. Il direttore sportivo a Napoli, anche con l’architetto della squadra che ha vinto il terzo Scudetto, era insomma una comparsa. Altri tempi.
Manna ha ammesso i suoi errori e i limiti del Napoli
In conferenza Manna ha sostanzialmente ammesso i suoi errori e i limiti del Napoli: noi Garnacho a certe cifre, soprattutto salariali, non lo prendiamo. Adeyemi non va convinto, deve già esserlo. E non è un fatto di bilancio: è una volontà cosciente del club. Una politica di gestione delle risorse umane: «Se prendo Garnacho e gli do uno stipendio medio-alto, cosa dico a chi è nello spogliatoio e si fa il culo da luglio?».
Manna ha fornito molti titoli ai giornali, forse troppi. Volendo interpretare il significato profondo del suo intervento, però, va detto che ha soprattutto spiegato ai tifosi la politica del Napoli. Ha detto che il club non farà operazioni per accontentare i tifosi, ed è giusto così. È stata una conferenza stampa dell’umanità, intimamente legata al rapporto di Manna con De Laurentiis e Conte. Verso la fine ci ha tenuto inoltre a chiarire un punto, forse il più importante di tutti: il Napoli non segue le direttive di Conte, di Manna o De Laurentiis.
È un club che decide in maniera collegiale, che ha paletti finanziari, sportivi e anche umano-relazionali. Il ds è giovane, inesperto: ha fatto errori, li farà. Ma è riuscito a dare con schiettezza una visione progettuale. «Il Napoli non è finito ieri, e nemmeno il mercato» ha detto: se c’è da credere davvero a Giovanni Manna lo scopriremo presto. Nel frattempo, non possiamo fare altro che rimanere spettatori. Anche in estate Napoli era andata nel panico, ma poi sappiamo tutti come è andata: fino a prova contraria siamo primi in classifica.