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Prandelli: «I commentatori tv vendono il prodotto calcio. Adesso sono solo statistiche, che palle»

A La Stampa: «è falso che all’Heysel abbiamo festeggiato, ci hanno costretti ad andare sotto la curva con la coppa per tenere tranquilli i tifosi»

Prandelli: «I commentatori tv vendono il prodotto calcio. Adesso sono solo statistiche, che palle»
Db Firenze 21/03/2021 - campionato di calcio serie A / Fiorentina-Milan / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Cesare Prandelli

Prandelli: «I commentatori tv vendono il prodotto calcio. Adesso sono solo statistiche, che palle»

La Stampa, con Enrico Testa, intervista Cesare Prandelli. Ampia e bella intervista, noi riportiamo tre domande e tre risposte.

In quella angosciante notte dell’Heysel lei c’era. A distanza di anni che cosa non andrebbe rifatto?
«Ah beh, tutto. È stata una tragedia gigantesca. Lo stadio non era idoneo, dovevano controllare persino i calcinacci ma niente. Ricordo benissimo che eravamo nello spogliatoio e vedevamo soltanto uno spicchio della curva inglese. All’improvviso entrarono, sempre negli spogliatoi, centinaia di tifosi. Li facemmo passare perché erano bianchi, erano terrorizzati. Urlavano: morti, morti, morti. È stato angosciante. Non vedevano nemmeno, chessò, Platini, Boniek e altri campioni. Boniperti, altro signore vero, decise di non giocare ma poi le solite dinamiche politiche… Il delegato Uefa spiegò che bisognava giocare altrimenti la situazione poteva peggiorare. Mah. Altra cosa da smentire: assolutamente falso che abbiamo festeggiato, è che ci hanno davvero costretti ad andare sotto la curva con la coppa per tenere tranquilli i tifosi». 

Prandelli e i commenti calcistici in tv

Gli allenatori che le hanno insegnato di più e quelli che stima maggiormente?
«Dura questa. Premessa. In tanti mi hanno insegnato. Ho sempre detto che per fare questo lavoro devi essere credibile, quindi essere sempre te stesso. Se indossi un abito non tuo non ci siamo. E io ho seguito la mia natura ovunque ho lavorato. Certo, il Trap dal punto di vista umano è stato un maestro, aveva grande rispetto e una parola per tutti. Mi ha incuriosito Guardiola, il migliore sulla ricerca, nella metodologia, sullo sviluppo del gioco, ma ribadisco che bisogna ricordarsi che stiamo parlando del pallone dei grandi. Noi, invece, dovremmo parlare del calcio dei bambini, quello vero. Un altro esempio. Per anni, nei vivai, copiavano il 4-4-2 di Sacchi. Io a un certo punto nell’Atalanta avevo Morfeo e Locatelli. Come facevo a giocare con quel modulo? Il sistema di gioco non deve violentare i giocatori. Mai!».

E il Prandelli del futuro?
«A volte mi chiamano i miei ex giocatori. L’ultimo è stato Frey. Dice: mister ma legge e sente commentatori che applaudono alla costruzione dal basso? Ma a Parma giocavamo così vent’anni fa. Ha ragione Seba. Facevo così anche a Firenze e, attenzione, allora i calciatori non potevano entrare in area per palleggiare con il portiere. Nel calcio puoi scomporre i principi ma i concetti sono quelli. Creare superiorità, attaccare la profondità, avere equilibrio. Le cosiddette marcature preventive… Anche quelle le utilizzavamo decenni fa. Un po’ di responsabilità l’hanno anche i commentatori che vogliono vendere un prodotto. Ma il calcio non si vende, si gode. Troppi commenti, abbiamo perso l’emozione per un gesto tecnico. Una volta ci si ricordava della rovesciata di Vieri, del tacco di Mancini, della corsa di Vialli. Adesso sono soltanto statistiche, vedi il possesso palla. Ecco, che palle!».

Prandelli e la Juventus di Thiago Motta.

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