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Rashford è il campione della post-verità: una superstar senza il talento di una superstar (Guardian)

“Nessun altro calciatore presenta una discrepanza così evidente tra lo status di celebrità e le sue prestazioni in campo”

Rashford è il campione della post-verità: una superstar senza il talento di una superstar (Guardian)
Londra (Inghilterra) 11/07/2021 - Euro 2020 / Italia-Inghilterra / foto Uefa/Image Sport nella foto: Marcus Rashford

Marcus Rashford “è essenzialmente un contenuto, un marchio, un alimento per algoritmi”. Anzi, peggio: “è impossibile parlare di Rashford in modo appropriato perché in realtà non gioca molto a calcio e non è poi così interessante quando lo fa; allo stesso tempo è anche impossibile smettere di parlarne perché è Marcus Rashford”. Ancora di più: “Rashford è probabilmente il miglior esempio di calciatore post-verità. Una superstar senza successi da superstar, numeri da superstar o, diciamocelo, talento da superstar. Ma che è comunque una superstar”. Riassumendo: il Guardian demolisce Rashford.

“La sua esistenza pubblica – spiega Barney Ronay – è una cosa straordinaria in un’epoca straordinaria, quando ogni atto, ogni primo piano, ogni tic viene elaborato, analizzato attentamente, gli viene dato un significato, elaborato su ogni piattaforma. Non è proprio così che gli esseri umani dovrebbero esistere, o che cosa dovrebbe essere lo sport”.

Rashford intanto è dovuto andar via dal Manchester United, ma soprattutto da Amorim. Nel suo video di presentazione all’Aston Villa trasmette, continua il Guardian, “tutta l’eccitazione incontenibile di un uomo che discute della lenta e dolorosa morte del suo amato coniglio domestico“.

Ma al netto di tutto, l’editorialista si domanda: alla fine, ‘sto Rashford, “è davvero così bravo?”. La risposta è difficile, “in parte perché Rashford è così popolare (e anche impopolare) tra i tifosi del Manchester United; perché ha un meccanismo di celebrità estrema alle spalle; e a causa delle inevitabili sensibilità politiche attorno a un calciatore che ha combattuto alcune battaglie vitali tramite i suoi canali social. Una cosa si confonde con l’altra”.

Nessun altro calciatore presenta una discrepanza così evidente tra lo status di celebrità e le prestazioni in campo. Rashford è il quarto giocatore più pagato della Premier League, con Mohamed Salah, Kevin De Bruyne ed Erling Haaland. Perché?”.

“I suoi sostenitori, tifosi, entourage, hanno iniziato a truccare questa cosa dicendo, beh, che al suo meglio ha avuto una stagione da 30 gol. Ma è vero? Ha sicuramente avuto una stagione da 17 gol in campionato e 30 in 56 partite complessive. Ma è un uomo da 10 a stagione, incapace di mettere insieme due anni buoni. Rashford è un giocatore di talento con movimenti eccellenti, quando si muove davvero, e abilità accattivanti. Ma non è bravo quanto Cole Palmer, Harry Kane, Ollie Watkins, Jude Bellingham, Phil Foden, Anthony Gordon, Morgan Rogers, Eberechi Eze, Dominic Solanke. Non è bravo quanto Bryan Mbeumo, Cody Gakpo e vari altri personaggi meno famosi che non c’è spazio per elencare qui. E tuttavia Rashford è sempre al centro dell’attenzione, al punto che ormai si lamenta sistematicamente di essere al centro dell’attenzione, senza riuscire a riconoscere che essere immeritatamente al centro dell’attenzione è anche il motivo per cui guadagna così tanti soldi, è così famoso e ha una carriera da star”.

E’ interessante, per il Guardian questa “interferenza della fama nelle metriche interne del merito sportivo. Può anche causare problemi. In questo senso Rashford è un esempio anche di qualcos’altro: il Negative Value Player. C’è valore nell’averlo. Ma c’è valore anche nel non averlo, nel non portare tutto quel rumore”.

Rashford è stato enormemente sopravvalutato da giovanissimo. La sua grazia fisica, le sue abilità di base, il suo potere da star erano fuorvianti. Sembrava pronto, ma non lo era. Non ha mai avuto tempo di crescere, ci si aspettava che fosse The One fin dall’inizio, e ha fatto del suo meglio per continuare a correre da lì a qui, mentre manager, compagni di squadra, sistemi, andavano e venivano. Un club più sano e un’industria circostante più sana avrebbero sicuramente reso un Rashford migliore”.

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