“Ed è anche un attacco alle classi lavoratrici, a chi non si può permettere lo sport a pagamento. E’ come fermare l’orologio dell’infanzia”

A Barcellona è il Difensore civico ha chiesto che i cartelli con la scritta “Vietato giocare a pallone” vengano rimossi dalle piazze perché ledono i diritti dei bambini. Da anni in molti parchi, piazze e giardini il gioco è limitato o vietato: per il rumore, per mantenere pulite le aree verdi, per il riposo dei vicini o perché le auto dono circolare senza interruzioni. Ma “vietare il calcio negli spazi cittadini è come fermare l’orologio dell’infanzia”, scrive El Paìs con Lucia Taboada.
“È qualcosa di quasi innaturale e deprimente, forse la più grande delle profanazioni moderne. Ai bambini vengono mostrati cartelli rossi con un cartello di divieto scritto in lettere maiuscole, mentre vengono rimproverati per essere chiusi in casa davanti alla play station, alla televisione o al cellulare”.
Ma Taboada va oltre: “Credo anche che questi manifesti siano un attacco appena velato alle classi lavoratrici. Perché per una famiglia vulnerabile con bambini, i costi per praticare qualsiasi sport sono proibitivi. I bambini che crescono in appartamenti di quaranta metri quadrati, condividendo una stanza, con la televisione in soggiorno monopolizzata e lo spazio appena sufficiente a mantenere una convivenza salvabile, hanno bisogno della strada. In realtà, tutti ne hanno bisogno, ma è molto più difficile per loro accedere ad attività extracurriculari a pagamento. Il gioco consente loro di sperimentare e creare legami. Ecco come funziona: non esiste amico migliore di quello che si incontra durante una partita improvvisata”.