Alla Gazzetta: «Alla Juve mi volle Platini. Lui era il più forte tra gli umani, giocava pure con le scarpe nuove. Maradona era di un’altra galassia»
![Vignola: «I discorsi di Trapattoni, non si capiva niente. A Sibilia chiesi l’aumento e lui mi diede uno schiaffo» Vignola: «I discorsi di Trapattoni, non si capiva niente. A Sibilia chiesi l’aumento e lui mi diede uno schiaffo»](https://www.ilnapolista.it/wp-content/uploads/2025/02/image-photo116278.jpg)
Beniamino Vignola, centrocampista anni 80 di Avellino e Juventus, intervistato dalla Gazzetta dello Sport. Giocò nella Juve di Platini e Boniek. Vinse una Coppa delle Coppe, segnò in finale contro il Porto.
Alla Juve la volle Platini.
«Diciamo che mi ha sponsorizzato lui. In un’intervista Michel disse che ero tra i giovani più promettenti della Serie A, così anche Boniperti si convinse».
Lei arrivava dagli anni di Avellino: altro clima rispetto alla sabauda Torino bianconera.
«Un giorno vado in sede e busso all’ufficio di Antonio Sibilia, il presidente padre-padrone, un signore possente, di taglia antica. Gli chiedo un ritocco all’ingaggio, insomma sono lì per discutere di una questione economica e lui, appena apro bocca, parte con un ceffone. Aveva mani gigantesche. Comunque lo schivo e mi prende solo di striscio. Quella volta minacciai di andarmene via da Avellino. Poi per fortuna sono rimasto tre anni e sono diventato il suo pupillo. Ogni campionato lottavamo con i denti per la salvezza, si sputava sangue: sono stati anni di formazione fondamentale per la mia carriera».
Che allenatore era Trapattoni?
«Unico nel gestire lo spogliatoio. Discuteva spesso con Boniek. Zibì si lamentava perché nei finali di partita, quando eravamo in vantaggio, lo sostituiva e inseriva un difensore. Il Trap il martedì partiva con uno di quei discorsi suoi, sbraitava, batteva i pugni, non si capiva niente di quello che diceva, intuivamo solo che era molto arrabbiato».
Il calciatore più forte che ha incrociato negli Anni 80?
«Facile: Maradona. Veniva da un’altra galassia. Il primo tra gli umani era Platini, faceva cose con una naturalezza mostruosa. La domenica arrivava allo stadio con le scarpe nuove, ancora dentro la confezione. Noi gli dicevamo: Michel, ma non le provi prima, non le bagni, non gli dai la forma? E lui con quel sorriso ironico: non sono importanti le scarpe, ma il piede che c’è dentro. Aveva ragione lui, certo. Ma voglio ricordare un altro compagno di cui si parla poco, Gaetano Scirea: credetemi, era un campione assoluto, un fuoriclasse, modernissimo nell’interpretazione del ruolo di libero».