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Date un De Bruyne a Lukaku e vi solleverà il mondo

Tre gol in due partite in Nazionale, due su assist di Kevin. Ci ricorda quanto manchi a Romelu e al Napoli un centrocampista di fantasia

Date un De Bruyne a Lukaku e vi solleverà il mondo
Mg Colonia (Germania) 22/06/2024 - Euro 2024 / Belgio-Romania / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Romelu Lukaku-Kevin De Bruyne

Date un De Bruyne a Lukaku e vi solleverà il mondo

Una macchina da gol

Quando indossa la maglia rossa del Belgio, Romelu Lukaku si trasforma. Diventa, cioè, una vera e propria macchina da gol: considerando la doppietta contro l’Ucraina in Nations League, il centravanti del Napoli ha raggiunto quota 88 reti in 122 gare giocate in Nazionale. Sì, chiaramente i gol bisogna anche pesarli: solo dieci di queste marcature sono arrivate nella fase finale degli Europei e/o dei Mondiali, quindi la parte davvero consistente del bottino è stata accumulata nei match di qualificazione, nelle amichevoli e/o in Nations League. Ma il dato resta impressionante, a maggior ragione se consideriamo il modo in cui sono arrivati i gol contro l’Ucraina. Il primo, da vedere e rivedere, è stato propiziato da una bellissima conclusione al volo con coordinazione acrobatica, una sorta di mezza sforbiciata che ha trasformato in oro un cross millimetrico di Kevin De Bruyne.

Un gran bel gol

La seconda rete, arrivata nel finale, ricorda invece il pezzo forte del repertorio di Lukaku: imbucata verso di lui da parte di Vanaken, perno sul difensore per aggirarlo e gran diagonale (di destro, che teoricamente sarebbe il suo piede debole) per battere il portiere. Se a questi due gol aggiungiamo anche il gran colpo di testa con cui ha segnato all’andata contro gli ucraini, sempre su assist precisissimo di De Bruyne, quello che viene fuori è un quadro a dir poco confortante. Per Lukaku e per il Belgio, ovviamente. Ma anche per Conte e per il Napoli, in vista del rush finale in campionato.

Questa è la storia di Lukaku

In realtà, come testimoniano anche i numeri snocciolati in precedenza, questa non è una situazione nuova. Perché c’è sempre stata una certa discrepanza tra Lukaku nel club e Lukaku in Nazionale. Nel senso che, al netto delle sue stagioni migliori (soprattutto le prime due con l’Inter, con Conte in panchina), la sua media gol coi club è sempre stata più bassa rispetto a quella tenuta con il Belgio.

A pensarci bene, era ed è inevitabile: da quando Lukaku viene convocato nella Nazionale maggiore, cioè dal 2010, il Belgio ha sempre avuto uno dei roster più ricchi del panorama mondiale. Il fatto che non sia arrivato un grande titolo ovviamente non è casuale, ma i nomi dei compagni con cui ha giocato Big Rom – in ordine sparso: Hazard, Mertens, Witsel, Kompany, Fellaini, Nainggolan, Tielemans, De Bruyne – erano e sono di primissima fascia. E quindi molte gare di qualificazione sono finite con punteggi ampi. A volte addirittura tennistici. Lukaku, da centravanti puro, ne ha beneficiato tanto: sempre nel periodo che va dal 2010 a oggi, ha segnato tre triplette (contro Lussemburgo, Gibilterra e Svezia), ha fatto quattro gol contro l’Azerbaijan e ha accumulato 22 doppiette.

I primi 60 gol di Lukaku con il Belgio

Insomma, si può dire di nuovo, va detto di nuovo: quando indossa la maglia della sua Nazionale, Lukaku si trasforma in una macchina da gol. Per tanti motivi, viene da pensare. Ma soprattutto perché, molto semplicemente, parliamo di un attaccante di rango. Che ha doti – fisiche, tecniche, anche emotive – di primo livello.

Certo, bisogna anche ricordare che i suoi aspiranti eredi – i vari Origi, Bentele, Batshuayi – non hanno mantenuto le promesse degli esordi. E allora anche Rudi Garcia, da poco nominato ct del Belgio, non ha potuto fare altro che puntare su di lui. Il punto, però, è che Lukaku ha subito ripagato la fiducia del suo nuovo commissario tecnico. Esattamente come era avvenuto con Marc Wilmots, Roberto Martínez, Domenico Tedesco – i predecessori dell’ex allenatore del Napoli.

La vicinanza di De Bruyne

Nella partita tra Belgio e Ucraina, la partita in cui Romelu Lukaku ha segnato una doppietta, Kevin De Bruyne ha battuto un nuovo record: ha servito l’assist numero 51 della sua carriera in Nazionale, la quota più alta raggiunta da un calciatore europeo nel 21esimo secolo. Ora, per il discorso che ci accingiamo a fare, non è importante sapere quanti di questi passaggi decisivi siano stati trasformati in gol da Romelu Lukaku. Quello che importa è la rilevazione statistica, quindi inoppugnabile, per cui De Bruyne sia una fonte quasi inesauribile di creatività. Di palloni giocabili. E molto spesso si tratta di palloni anche geniali, non solo giocabili e basta.

Qui si torna al discorso precedente: De Bruyne è stato ed è un grandissimo calciatore, uno dei migliori della sua generazione. Se ne è giovato Guardiola al Manchester City, se ne è giovata la Nazionale belga. Se ne è giovato, naturalmente, anche Romelu Lukaku. Come dire: stiamo parlando di una gemma preziosissima, del giocatore apicale di una vera e propria Golden Generation, quindi sarebbe assurdo pensare che possano esistere tanti altri De Bruyne. Anche in virtù della sua presenza, allora, Lukaku cambia marcia quando gioca in Nazionale. Se succede ancora adesso, quando entrambi hanno scavallato il prime della loro carriera (KDB festeggerà 34 anni a giugno, Lukaku ne compirà 32 tra un mese e mezzo), vuol dire che stiamo parlando di una coppia davvero importante. Di primissima qualità a livello internazionale.

Lukaku nei club (e al Napoli)

Lukaku è un attaccante peculiare, quasi unico nel suo genere. Ha un fisico difficile da contenere per gli avversari, ma che crea dei problemi anche ai preparatori che devono costruirlo/preservarlo. Stesso discorso per le sue caratteristiche tecniche: si tratta di una prima punta che può essere servita in molti modi diversi, ma che deve anche stare nel vivo del gioco per poter essere efficace. Di tutto questo ce ne siamo accorti in questi suoi primi mesi a Napoli: se Lukaku non è perfettamente in forma, fa fatica a farsi coinvolgere e a essere coinvolto nelle manovre offensive. Di conseguenza, tende a isolarsi. A eclissarsi. A diventare, infine, persino inefficace sotto porta.

Quello che (gli) è successo al Napoli ha dei precedenti: al Manchester United, al Chelsea e anche alla Roma, Lukaku ha vissuto momenti difficili. Certo, alla fine il centravanti belga è sempre riuscito a garantire un numero importante di gol – al Napoli siamo a quota dieci, ed è la 13esima stagione consecutiva in cui Romelu ha raggiunto la doppia cifra di reti – e si è sempre speso tanto per aiutare la sua squadra. Ma, ripetiamo, è chiaro che avere dei rifornimenti di qualità lo trasformi in un finalizzatore più efficace. Naturalmente questa massima vale per qualsiasi attaccante, ma per Lukaku vale un po’ di più. Proprio in virtù delle sue caratteristiche peculiari, quasi uniche.

Non a caso, viene da dire, Conte a un certo punto della stagione gli ha affiancato Raspadori come seconda punta. Sì, è stata una scelta dettata anche dalle contingenze, dalla cessione di Kvaratskhelia, dall’assenza di David Neres, dalla catena di infortuni che ha travolto il Napoli a febbraio/marzo. Ma il cambio di sistema c’è stato, è un fatto, e in qualche modo è servito anche per supplire al più grande problema nell’organico di Conte: l’assenza di giocatori creativi a centrocampo.

Al Napoli manca proprio un De Bruyne

McTominay, Anguissa, Gilmour, Billing: sono i giocatori che Conte ha schierato/può schierare come mezzali o come interni di centrocampo. Basta rileggere questa lista per rendersi conto di come la rosa del Napoli 2024/25 sia priva di un giocatore che ricordi Kevin De Bruyne. Ovviamente parliamo di ruolo e di caratteristiche, non certo di valore assoluto. Non c’è bisogno di ripetere – ma lo facciamo lo stesso – che KDB è un vero e proprio fuoriclasse, e che quindi il Napoli non può permetterselo. Né tantomeno può permettersi un suo omologo.

Al di là delle suggestioni, la realtà è che l’addio di Zielinski a giugno scorso ha aperto questa falla. E che, per sostituire il polacco, Manna e Conte hanno deciso di prendere un’altra direzione: quella della fisicità e della verticalità. Anche a costo di perdere qualcosa a livello di pura inventiva. La scelta è ricaduta su McTominay che con Anguissa ha dato vita a un centrocampo molto forte, di livello internazionale, ma anche fondamentalmente privo di imprevedibilità. Anche la finestra di gennaio ha confermato il trend: l’uscita di Folorunsho, altro giocatore dal grande impatto fisico, è stata compensata dall’arrivo di Billing. Come dire: non proprio una mezzala raffinata.

Il fatto che Conte abbia provato a “riciclare” Raspadori in quel ruolo, e che ne abbia anche parlato apertamente, deve essere considerato un messaggio significativo: il tecnico del Napoli sa che alla sua squadra manca una figura di quel tipo, la rosa è completa dal punto di vista numerico ma non dal punto di vista della varietà tecnico-tattica. Può succedere, succede in tutte le squadre, anche per il Real Madid è impossibile costruire un roster perfetto. Ma c’è anche da dire che questa strategia ha finito per aumentare la sensazione per cui il Napoli fatica a essere imprevedibile in fase offensiva.

Si torna a Lukaku

E qui si torna inevitabilmente a Romelu Lukaku. Per dirla molto banalmente: se il centravanti belga sa essere implacabile quando viene servito molto e in molti modi diversi, togliergli un certo tipo di assist finisce per abbassare la sua pericolosità. Può sembrare un discorso semplice e semplicistico, ma in realtà non lo è: la costruzione del Napoli, in vista del finale di campionato e anche dell’annata che verrà, passa tantissimo – se non soprattutto – dalla scelta dei giocatori che dovranno andare a sostenerlo. Ad affiancarlo, a rifornirlo.

Per le prossime gare, Conte ha il compito/obbligo di rendere più vario il gioco d’attacco del Napoli, se vuole continuare a lottare per il titolo. Lo stesso discorso vale e si estende per la prossima stagione, quindi riguarda anche la campagna acquisti. Le gare del Belgio, con il Belgio, possono dare un indizio: mettere Lukaku nelle migliori condizioni possibili può portare degli enormi dividendi. Investire in qualità e creatività, sul campo di allenamento come sul mercato, può essere un’idea interessante. Magari è semplice, forse anche banale. Ma non è detto che non possa essere quella giusta.

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