A Repubblica il triplista azzurro oro ai Mondiali indoor: «Sono arrivato qui per cambiare vita, aiutare la mia famiglia, realizzare i miei sogni»

Il triplista azzurro Andy Diaz si è aggiudicato la medaglia d’oro a Nanchino, nei Mondiali indoor di atletica che si stanno svolgendo in Cina. Gli è bastato un unico salto di 17,80m, che gli ha anche consentito di superare il record italiano e in generale di eguagliare la massima prestazione stagionale mondiale. L’argento è andato al cinese Zhu Yaming, ma già dal primo salto l’italiano si è reso praticamente inarrivabile. Quest’oggi ha concesso un’interessante intervista a La Repubblica che riportiamo di seguito.
Repubblica, con Mattia Chiusano, ricorda che Diaz è stato
nazionale cubano a Mondiali e Olimpiadi, è stato considerato un “disertore”, come si definì in un’intervista aRepubblica , è diventato rifugiato politico in attesa dei documenti su un marciapiedi di Roma, cittadino italiano per meriti sportivi, bronzo alle Olimpiadi di Parigi.
Diaz: «Ora posso dirlo, sono il numero uno»
Di seguito quanto si legge da Repubblica:
Sul suo arrivo in Italia:
«Mi piace mantenere la parola. Sono arrivato qui per cambiare vita, aiutare la mia famiglia, realizzare i miei sogni. Ho un tatuaggio di una fenice, perché come lei sono morto e rinato dalle ceneri».
Come ha reagito il suo allenatore Donato, a cui ha tolto il record indoor che deteneva da 14 anni?
«È contento, perché l’ho battuto in un Mondiale, non in una gara qualsiasi. Quando ho lasciato Cuba volevo lavorare con lui perché ha gareggiato fino a 45 anni, come vorrei fare io. Ora mi chiedono tutti quando supererò i 18 metri, ma io non voglio parlare di centimetri, quelli arriveranno, è facile capire dove voglio atterrare. A Parigi mi hanno battuto due ex cubani, Diaz Fortun e Pichardo, loro fanno i 18 metri, ma io ho la costanza e voglio la mia rivincita: ci vediamo in estate ai Mondiali di Tokyo».
Come ha saputo della vittoria di Nanchino sua madre Milagros?
«Ha guardato la gara in tv, alle due del mattino cubane, con la nonna che si chiama Milagros come lei»
È figlio unico, quanto è stato importante il ruolo di sua madre?
«Lei è il mio motore, ha una forza enorme. Mi ha spinto sin da quando ero piccolo, anche quando dicevano che non ero un talento del triplo. Se arrivo con uno stato d’animo non ideale a una gara ma so che c’è lei a vedermi, insomma, non voglio fare una figuraccia. Mia madre è manager di musicisti di salsa, ma adesso sta con me in Italia, qualche volta lavora all’aeroporto di Fiumicino. Ha lasciato la sua attività senza esitare per darmi una mano a coronare i miei sogni. Ora vorremmo portare qui mia nonna di 82 anni, perché la situazione a Cuba non è buona».
Che rapporto ha con Cuba ora?
«Non posso entrarci, per altri otto anni. Non mi chiamo Milagros, “miracoli”, come mia madre e mia nonna, ma il mio miracolo è essere in Italia»